Roma - Paolo Del Debbio, giornalista, conduttore televisivo ma anche uno dei fondatori di Forza Italia, proprio non ci sta: «La tesi di Antonio Ingroia?
Una minchiata. Min-chia-ta. Lo scriva pure eh...».
Il pm Antonio Ingroia sostiene che Forza Italia nacque come punto di riferimento di Cosa nostra. Si sente un po' sott'accusa?
«Io non mi sento e non mi sentirò mai un picciotto. Trovo assurda e offensiva la tesi del magistrato».
Nel '94 lei era in prima fila. Non ebbe mai neppure alcun sentore di trattativa con la mafia?
«Ma stiamo scherzando? Io all'epoca mi sono occupato solo di scrivere parte del programma di Forza Italia».
Soltanto quello fu il suo mandato?
«Ma ovvio: il nostro compito esclusivo, e il nostro sogno, era quello di fare un partito liberale di massa. Punto e basta».
Ingroia sostiene che non ci furono contatti diretti ma che il partito doveva nascere per tutelare la mafia, siglando e perfezionando un patto con lo Stato.
«Sì, certo. Non intenzionalmente ma funzionalmente. Ma che vuol dire? L'accusa sarebbe che un programma liberale è funzionale a un disegno criminale? Ma che fesseria è mai questa?».
Insomma, si sente diffamato dalle accuse che muove Ingroia?
«Sì ma è una lettura talmente assurda... Fa quasi ridere che io sia stato in qualche modo funzionale a favorire Cosa nostra. E poi...». (Ride).
Scusi, ma perché ride?
«Penso alla seguente immagine bislacca: io che lavoro al servizio della mafia assieme ad Antonio Martino, Giuliano Urbani, Gianni Baget Bozzo, Pio Marconi, Gianfranco Ciaurro e poi con Antonio Marzano e Renato Brunetta. Ma dai...».
Ok, chiaro. Respinge ogni addebito. Ma le accuse sono gravi e non arrivano da una toga qualunque.
«Ecco, appunto. Da chi arrivano le insinuazioni? Non da un magistrato ma da un politico. E tutti considerano gli attacchi per quello che sono: attacchi politici».
Tantissimi militanti si sentono offesi da Ingroia. Centinaia di mail in redazione per aderire a un'azione civile contro il pm. Che effetto le fa?
«Hanno perfettamente ragione e li capisco tutti quanti. È tutta gente che ha dato anima, cuore e cervello per un progetto meraviglioso».
Ancora valido oggi?
«Penso proprio di sì. Non so se la maggioranza degli italiani lo vuole ma di certo una buona fetta del Paese sì. Un disegno socialdemocratico in Italia non va bene e il sogno liberale è ancora molto attuale».
Che però non s'è mai realizzato.
«Questa è l'unica accusa che va a segno. Lo ha ammesso pure Berlusconi».
La reazione dei militanti di Forza Italia è stata fragorosa. Cos'è? Nostalgia di Fi?
«Non so se è rimpianto per quello che fu nel '94 o qualcosa d'altro. Ricordo però l'entusiamo, forse irripetibile, dell'epoca».
Sembra che il Pdl non sia riuscito a scaldare i cuori come li ha scaldati, e forse scalda ancora oggi, Forza Italia. Perché?
«Perché il Pdl è stata una fusione a freddo non riuscita. E lo dico avendo molti amici tra le fila degli ex An. Ma col Pdl non s'è realizzato il sogno di un'Italia liberale».
Colpa degli ex An?
«Non è questione di colpa ma di storie e anime legittimamente troppo diverse».
Pro spacchettamento?
«Secondo me si deve andare in quella direzione».
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