"Qualcosa non mi torna…". Le rivelazioni di Mieli sull'inchiesta su Berlusconi

Il direttore del Corriere della Sera, che fece lo scoop nel '94 sull'indagine per corruzione alla Guardia di Finanza, pone tutti i suoi dubbi sulle modalità con cui partì la fuga di notizie contro il Cavaliere

"Qualcosa non mi torna…". Le rivelazioni di Mieli sull'inchiesta su Berlusconi
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Dopo quasi 30 anni comincia a venire a galla la verità sulle modalità con le quali venne diffusa la notizia dell'inchiesta a carico di Silvio Berlusconi per corruzione della Guardia di Finanza. A rivelare qualcosa di inedito a tal proposito è Paolo Mieli, a poche ore di distanza dalla notizia del decesso del Cavaliere ieri. Quell'avviso di garanzia - il primo di una lunga serie per il Cavaliere - venne pubblicato in prima pagina sul il 23 novembre 1994 sul Corriere della Sera, diretto proprio da Mieli, mentre il leader di Forza Italia presiedeva a Napoli una Conferenza dell'Onu sulla criminalità organizzata. Nemmeno un mese più tardi il primo governo Berlusconi cadde. L'accusa riguardava il presunto pagamento di quattro tangenti a ufficiali della Guardia di Finanza impegnati in verifiche fiscali in aziende Fininvest. Dopo una condanna in primo grado a 2 anni e 9 mesi, Berlusconi venne prescritto in appello e infine assolto in Cassazione. Da dove partì quella fuga di notizie?

Paolo Mieli, ospite di Enrico Mentana ieri sera nello speciale del TgLa7, intitolato "I mille volti di Berlusconi" ha commentato (tra le altre cose) le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi: "Tra 50 anni qualche storico s'interrogherà sul fatto che, tra tantissimi processi, ha subìto una sola condanna". Poi, ritorna sull'avviso di garanzia ai danni del quattro volte presidente del Consiglio del 1994 sparato in esclusiva dal Corriere della Sera. Mentana gli chiede: "Quante volte sei stato interrogato su quella fuga di notizie?". "Mai", è la sua risposta. "Evidentemente i magistrati non volevano sentire la mia versione. Ma, nel caso, io avrei risposto molto volentieri, anche se avevo il diritto di rifiutarmi di rispondere". L'allora direttore responsabile del quotidiano di via Solferino prosegue: "Avrei risposto volentieri perché ci fu una cosa che mi diede molto fastidio: misero in giro la voce che - siccome Berlusconi aveva ricevuto l'invito a comparire a Roma e glielo avevano letto a Napoli - fosse stato lo stesso Berlusconi ad avercelo inviato poiché interessato a farlo sapere. Questa cosa mi fece andare su tutte le furie: io sapevo perfettamente com'era andata la vicenda".

Ecco poi arrivare la novità inedita di quasi un trentennio fa. "Non dirò fino in fondo come andò. Però posso dire questo: avevo conosciuto i termini di quell'atto alle due del pomeriggio. Quindi otto ore prima che arrivassero i Carabinieri a Roma e poi chiamassero Berlusconi a Napoli. Quindi l'unico posto da cui poteva essermi arrivato era il Palazzo di Giustizia di Milano - assicura Mieli -. Questo è un po' passato in cavalleria, ma questo avrei detto ai magistrati (di Brescia ndr)". Anche perché c'è un elemento che non gli torna: "Questa mancata indagine mi ha sempre insospettito. Che strana cosa, soprattutto per uno come me che ha sempre vissuto nella retorica di Mani Pulite. Nessuno né a Brescia né a Milano, tra le toghe, mi chiese negli anni (anche in incontri informali) come fosse andata a finire quella vicenda: per esempio, se per caso era stato scoperto da quale loro collega fosse arrivato l'atto". In sintesi: "Per la prima volta quella cosa mi insinuò un dubbio: ovvero che venne fatta una cosa che non era tutta luccicante. Mi sono sentito utilizzato? No, quello no. Però c'è un conto che non torna - tiene a precisare il conduttore di Correva l'anno, il quale lascia chiaramente intendere come ci sia stato più qualcosa che non andava nell'indagine della magistratura -.

Nel libro di Goffredo Buccini, che firmò quello scoop, mi è parso di leggere - tra le righe - dei segni di sofferenza. Abbiamo la coscienza addosso, ma qualcosa non andava. E prima o poi questo 'qualcosa' io lo scoprirò".

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