La precettazione è «un atto grave, non è mai successo» ha detto Maurizio Landini. Strano che la memoria del leader Cgil non arrivi fino al 2017, quando era da un pezzo segretario della Fiom e già in procinto di scalare la Cgil. A Palazzo Chigi c'era Paolo Gentiloni, al ministero dei Trasporti Graziano Delrio, sostenuti da una maggioranza a trazione Pd.
Di fronte alla proclamazione di scioperi nel settore dei traporti, l'allora ministro Delrio utilizzò più volte l'arma della precettazione, senza che il suo Pd protestasse per i diritti dei lavoratori calpestati o per la «svolta autoritaria», come si sente ripetere oggi dalle fila dei dem all'indirizzo del governo. «Se, nonostante la precettazione e la revoca della protesta, qualcuno non dovesse presentarsi al lavoro, la situazione si farebbe seria per davvero. Sarebbe un'interruzione di pubblico servizio. Un reato» spiegò Delrio in un'intervista, nel giorno della precettazione dello sciopero convocato dai sindacati. «Nessuno vuole attaccare il diritto di sciopero, ma nessuno può accettare il ricatto di una minoranza che blocca il Paese». Parole molto simili a quelle di Salvini in questi giorni. Altra precettazione nel giugno di quell'anno, scatenando l'ira dell'Usb, che tuonò: «Il ministro sappia che non sta facendo gli interessi dei cittadini: sta tutelando soltanto aziende e privatizzazioni. Se si vieta un diritto costituzionale senza alcuna reale motivazione vuol dire che stiamo andando verso un qualche cosa che somiglia molto ad un regime». Il ministro Pd valutò la precettazione anche per uno sciopero in Alitalia: «Nessuno vuole comprimere il diritto dei lavoratori ma è assurdo che si metta in discussione il diritto alla mobilità. Sono entrambi diritti costituzionali che vanno contemperati. Valuteremo la precettazione».
Ma non solo, il Pd provò a riformare la legge sullo sciopero, «bisogna intervenire per evitare che una minoranza di lavoratori tenga in ostaggio una maggioranza di cittadini nelle loro esigenze quotidiane. Questi sono i danni di una situazione inaccettabile» spiegò sempre l'allora ministro dei Trasporti. «Immagino un filtro. Non è possibile che si proclamino scioperi a prescindere, con rappresentanza del 10% dei lavoratori. In altri Paesi non è consentito». In Parlamento, a firma dei senatori Pd, arrivò un disegno di legge in quattro articoli per riformare le norme sugli scioperi, come annunciato appunto dal ministro.
In sostanza si introduceva un paletto molto stringente per autorizzare uno sciopero: il consenso di almeno il 50% dei lavoratori, anche di un intero settore come quello dei trasporti pubblici. «Se si può fare in Germania o in Inghilterra spiegò l'allora senatore Pd Pietro Ichino si può fare anche qui». Linea dura, durissima, più di Salvini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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