Roma - Quel che non ha fatto la procura di Torino per l'allora ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, l'ha fatto quella di Roma per l'attuale ex Guardasigilli. Ora che le cose sono cambiate e non c'è nessun governo a rischio.
Nella capitale, dunque, la signora è indagata per il reato di false dichiarazioni ai pm nel caso Ligresti, che a novembre l'ha trascinata sull'orlo delle dimissioni, dopo la mozione di sfiducia del M5S e le polemiche che hanno spaccato il Pd, di cui Matteo Renzi non aveva ancora conquistato la leadership.
Ma la Cancellieri deve avere molti santi in paradiso perché la notizia arriva insieme a quella di una probabile archiviazione. A pensar male bisogna notare che, come allora sarebbe stato direttamente Giorgio Napolitano a farle da scudo, ora le sue sorti sono nelle mani di un capo della Procura, Giuseppe Pignatone, che sarebbe molto legato al presidente della Repubblica.
Venti giorni fa il prefetto ed ex-ministro è stata interrogata negli uffici della Procura generale di piazza Adriana, accanto alla sede del Tribunale dei ministri di fronte al quale stava per finire in autunno. Quando il Pd di Epifani la difese e Renzi disse che al posto del segretario avrebbe chiesto la sua testa.
La Cancellieri si è difesa, accanto al suo legale Franco Coppi, ripetendo la versione riferita a novembre in parlamento sulle ormai famose telefonate sulle condizioni di salute di Giulia Ligresti, che poi la portarono ai domiciliari, dopo il patteggiamento. Ad ascoltarla c'erano i titolari delle indagini, Stefano Pesci, Erminio Amelio e Simona Marrazza e lei ha dovuto spiegare come mai ad agosto con gli inquirenti torinesi aveva minimizzato e detto cose imprecise sui suoi contatti con l'amico di famiglia Antonino Ligresti, fratello del patron Salvatore, arrestato con le figlie Giulia e Jonella dopo l'inchiesta Fonsai.
«La richiesta di archiviazione inoltrata dal capo della procura di Roma Pignatone pochi giorni dopo l'interrogatorio è già al vaglio del gip - assicura Coppi - siamo in attesa della decisione del giudice».
Nel mirino degli inquirenti romani, e ci si chiede come mai invece quelli torinesi tutelarono l'allora Guardasigilli assicurando che era solo testimone e nulla di rilevante era emerso dalla sua deposizione prima di trasmettere gli atti nella capitale, ci sono le incongruenze nelle dichiarazioni della Cancellieri denunciate dai tabulati telefonici, acquisiti dal procuratore capo della capitale.
La prima: al pm aggiunto di Torino Vittorio Nessi lei disse che la telefonata del 19 agosto era stata di Ligresti, mentre è emerso che fu proprio l'ex ministro ad effettuarla e durò 6 minuti. La seconda: l'ex Guardasigilli disse che il 21 agosto aveva risposto ad un sms inviatole da Ligresti, omettendo di spiegare che non lo aveva fatto con uno stringato messaggino ma che aveva telefonato al medico dalla sua utenza fissa.
Insomma, nel pieno della bufera politica, la Cancellieri aveva cercato di apparire solo come il soggetto passivo di pressioni della famiglia, mettendo in ombra l'attivo intervento a favore di Giulia, addirittura la sua offerta di aiuto prima ancora degli arresti, emersa anche dalle telefonate intercettate.
Intervento che si concretizzò in più chiamate ai vertici dell'amministrazione penitenziaria per segnalare il rischio suicidio della detenuta Ligresti, in passato sofferente di anoressia.Giulia uscì e Sabato grasso l'hanno vista in molti al festoso ballo in maschera della «Cavalchina», nel teatro de La Fenice di Venezia.
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