In due mesi e mezzo, da quando è stato nominato amministratore delegato, ha dovuto affrontare questioni, attacchi, polemiche che potrebbero sfiancare il più cinico dei generali. Ma Roberto Sergio, forte del suo «addestramento» alla scuola democristiana, non si lascia sconvolgere dalla gragnola di accuse che ogni giorno piovono addosso alla nuova Rai che sta cercando di disegnare.
Dunque, Sergio, come riesce a tenere i nervi saldi?
«In due mesi abbiamo fatto ripartire l'azienda ferma da due anni. Abbiamo trovato una Rai demoralizzata, preoccupata, con uno sciopero imminente che siamo riusciti a far revocare. Le nostre iniziative non possono accontentare tutti, l'unica certezza è che mai come questa volta siamo un'azienda equilibrata e pluralista. Dopo quasi quarant'anni da manager i nervi non possono che essere saldi».
Lei continua a parlare di pluralismo, ma è sottoposto a una raffica di accuse di mettere in palinsesto solo esponenti di destra e cancellare quelli di sinistra.
«Fazio è una scelta di chi mi ha preceduto. Berlinguer ho provato a convincerla ma la Rai ha un tetto preciso ai suoi stipendi. Annunziata e Gramellini: sono scelte personali. E comunque ci sono tanti altri conduttori, artisti, giornalisti legati alle stesse idee di chi ha preferito andare altrove che sono rimasti. Abbiamo inserito nuove idee e personaggi e sono fiducioso».
Cominciamo dalle novità future. Arriverà Giletti
«Lui ha dichiarato di amare profondamente la Rai. Questa è una buona notizia. Quando, e se ci sarà l'occasione, capiremo quanto sia realmente innamorato».
Andiamo con ordine sulle ultime questioni. Caso Foa: secondo media ed esponenti di sinistra non dovrebbe trovare spazio in radio per le sue passate opinioni su Putin, cambiamento climatico e Mattarella.
«Foa è stato presidente della Rai fino al 2021, in questi anni ha partecipato come opinionista in tante trasmissioni Rai e di altri broadcaster ed è una persona che stimo».
Andrà in onda nella collocazione che fu di Forrest?
«Ho firmato io il contratto dei conduttori di Forrest (Bottura e Aprile) che è giunto alla sua naturale conclusione. Il nuovo Direttore Pionati sta lavorando al palinsesto che verrà presentato a settembre e allora si saprà».
Casi Facci e Saviano. Entrambi esclusi dalla Rai. Tanti dicono che si tratta di due situazioni che non si possono paragonare. Saviano se l'è presa con un ministro potente ((ha definito Salvini «ministro della Mala Vita»), Facci ha usato un'espressione sbagliata sulla ragazza che ha denunciato uno stupro.
«Ho profondo rispetto per le Istituzioni e ancor di più delle donne e lo dico a maggior ragione come padre e come marito. Questo mi ha portato a fare le scelte che ho comunicato».
Il programma di Saviano (sulla mafia) è registrato e quindi non può preoccupare quanto verrà detto. Che senso ha non mandarlo in onda?
«Infatti, non si tratta di un problema legato al prodotto».
Il codice etico della Rai è retroattivo? E fino a quando indietro nel tempo? C'è chi dice che in base a questa logica neppure Giampaolo Rossi dovrebbe essere direttore generale.
«Si è aperto un incredibile dibattito sul codice etico della Rai di cui non ho fatto mai menzione nei miei interventi».
La presidente Soldi ha auspicato un «supplemento di riflessione» su Saviano. La considera una ingerenza?
«Non ho bisogno di ulteriori riflessioni. Saviano non è in palinsesto. Ho trovato singolare che la presidente Soldi abbia espresso il suo dissenso un'ora e mezza prima di un importante incontro istituzionale».
Caso Sottile. L' accusa è di appaltare la nuova trasmissione a una società esterna.
«È stato chiaramente dimostrato che nei nuovi palinsesti le produzioni interne sono aumentate. Abbiamo dimezzato gli appalti totali rispetto alla stagione 2022. Sono i dati, il resto soltanto sterili polemiche».
Caso Report. L'attacco è degli esponenti politici di centro destra che accusano Ranucci di accanimento nei confronti del ministro Adolfo Urso per le repliche dell'inchiesta sui progetti di ricostruzione in Ucraina.
«Le repliche di Report sono state decise nei palinsesti approvati a marzo con un altro Amministratore Delegato e con il direttore dell'Approfondimento Di Bella».
Anche Mannoni e Iannacone sono amareggiati per non essere stati riconfermati.
«Per quanto riguarda Iannacone il programma Che ci faccio qui tornerà nel 2024. Non c'è stata alcuna cancellazione. Mannoni, persona che stimo profondamente, è andato in pensione e per questo non sarà alla guida di Linea Notte.
Caso Fazio. Non era più elegante accordarsi per lasciargli gli account social di «Che tempo che fa» (intanto da ieri ne ha aperti di nuovi)?
«Gli account social sono di proprietà Rai. Rai Com ha stimato il loro valore commerciale e dopo aver incontrato la produzione del programma di Fazio non è stato trovato un accordo».
Pure i giornali stranieri come Guardian, Frankfurter, El Pais si sono occupati di questi casi. La questione dell'interferenza politica è arrivata anche all'Europarlamento. Non la preoccupa l'immagine della Rai all'estero?
«È difficile immaginare che questo tipo di polemiche siano state sostenute e
magari indotte da chi dovrebbe, invece, (si riferisce alla consigliera Francesca Bria, ndr) difendere l'immagine dell'azienda. Non capisco che vantaggio possa aver avuto chi lo ha fatto. A me comunque non interessano...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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