Martedì il caso Bindi all'Antimafia, ieri al Senato attimi di panico perché la legge che istituisce il Comitato per la riforma costituzionale è stata ad un passo dall'affondare, trascinando con sé la maggioranza. Le larghe intese scricchiolano, «ogni giorno ce n'è una, il clima è pesante e il rinvio a giudizio di Berlusconi a Napoli non lo migliora certo», dice un dirigente parlamentare Pd, supporter di Letta. «Si balla ogni giorno su qualcosa, c'è un'aria di progressiva deresponsabilizzazione delle forze politiche», conferma il renziano Angelo Rughetti.
La strada verso il 2015 si fa sempre più in salita, per il governo, e l'allarme lanciato ieri da Napolitano conferma che la preoccupazione è forte: «Un'onda diffusa e continua di vociferazioni, di faziosità, di invenzioni calunniose inquina il dibattito politico e mira non solo a destabilizzare il governo, ma a gettare ombre sulle istituzioni di più alta garanzia», denuncia il capo dello Stato, che vede il pericolo di un Parlamento che «naufraghi nelle contrapposizioni e nell'inconcludenza» sulla legge elettorale. Che va accelerata, secondo Napolitano, per chiudere un accordo prima del «limite estremo» rappresentato dalla pronuncia della Consulta, a dicembre. Ieri Napolitano era a Firenze, per aprire il congresso dell'Anci, e all'ora di pranzo si è incontrato vis a vis, per la prima volta da molto tempo, con Matteo Renzi, il sindaco-candidato che lo ha apertamente contraddetto sulla questione amnistia (tema sul quale, denuncia il presidente, «le mie parole sono state contraffatte»). Un incontro «cordiale», assicurano i resoconti ufficiali, ma certo non di circostanza visto che è durato tre quarti d'ora (al contrario di quello, molto più breve, che il sindaco ed Enrico Letta hanno avuto poco dopo). E proprio sulla legge elettorale Renzi ha messo dei paletti che mettono in tensione il Pd e che entrano in collisione col messaggio quirinalizio: il sindaco ribadisce la volontà di «imporre» una legge di impianto maggioritario e sfida il Pdl: «Se è disposto a votare una legge bipolare, benissimo. Ma non è che se non vuole si sta ad aspettare». Renzi mira a bloccare i giochi sino alla sua elezione a segretario per scardinare il compromesso al ribasso sul proporzionale che si sta tentando tra Pd e centrodestra, sul quale il Colle suggerisce invece di accelerare.
Intanto si cerca di ricucire lo strappo creato dall'elezione di Rosy Bindi, che provoca contraccolpi a catena (compresa la rivolta di molti senatori Pdl contro il pacchetto riforme, ieri al Senato), con l'offerta al Pdl di nominare un suo vicepresidente all'Antimafia, con una forzatura regolamentare. Raccontano che Palazzo Chigi aveva tentato di evitare l'incidente, nei giorni scorsi. La stessa Bindi ha spiegato (non poco irritata) a più di un collega Pd che c'era stato un tentativo di disarcionarla pilotato dagli uomini di Letta, che si erano dati da fare per sostituirla con l'esponente di Scelta Civica Dellai: «Hanno contattato uno per uno i nostri parlamentari dicendo loro che il mio nome non sarebbe mai passato e che quindi era meglio optare per un candidato più neutro, una scelta istituzionale come l'ha definita Epifani». Alla fine, però, mezzo Pd non c'è stato e lo stesso segretario ha deciso di andare alla conta sulla Bindi, eletta a maggioranza.
Una maggioranza alternativa a quella che regge il governo, però: nel carniere della Bindi, infatti, sono finiti i voti di Sel, dei Socialisti e di qualche grillino. Ma ha perso punti in casa, perché i «rottamatori» renziani hanno votato scheda bianca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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