"Teme di prendere meno preferenze della Meloni". Schlein verso il no alla candidatura alle europee

Il timore del confronto è la costante del nuovo corso dem targato Schlein. La segretaria Pd deve ancora decidere se candarsi alle elezioni europee

"Teme di prendere meno preferenze della Meloni". Schlein verso il no alla candidatura alle europee
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Mancano solo sei mesi alle prossime elezioni europee e dalle parti del Nazareno, sede del Partito democratico, siamo davanti all’ennesimo paradosso politico. La segretaria dem Elly Schlein - da sempre in prima linea quando c’è da accusare il governo – sarebbe orientata verso un clamoroso "no" per una sua possibile candidatura. Mentre da un lato attacca il “pericoloso” governo “delle destre”, dall’altro, quando si trova davanti una vera occasione per sfidare Giorgia Meloni, guidata dalla paura scappa dal confronto.

La sfida Meloni-Schlein

Lo schema sembra ripetersi: prima l’invito ad Atreju, prontamente declinato, ora il dilemma della candidatura alle elezioni europee. La paura del confronto, sia verbale che elettorale, è una costante della sua segreteria. Ma nel caso delle elezioni che andranno a rivoluzionare gli assetti politico-istituzionali dei Ventisette paesi europei il paradosso per Schlein è ancora più difficile da nascondere. La domanda sorge spontanea: se veramente crede che la coalizione di centrodestra italiana, e quindi europea, sia “pericolosa” per il Paese, allora perché non scendere in campo per affrontarla sul piano politico?

I timori in casa dem, secondo un retroscena de La Stampa, sarebbero principalmente due. Il primo è quello di prendere meno preferenze di Meloni, che sarebbe pronta a candidarsi, e quindi indebolirsi sia di fronte alla premier sia rispetto al suo vero avversario interno, il leader pentastellato Giuseppe Conte. Il numero uno del Movimento 5 Stelle ha già annunciato, infatti, di non volersi candidare.

La paura del confronto

La seconda paura, invece, ha a che fare con le dinamiche interne al Partito democratico. Se Schlein dovesse essere la capolista in tutte le circoscrizioni, questo il ragionamento, potrebbe ottenere la preferenza togliendola però ad altre donne candidate. Questioni interne a parte, che da sempre logorano il Partito democratico, il vero nodo da sbrogliare è il primo dei due.

Se da una parte la paura della paladina dem è giustificata sul piano numerico (a meno di ulteriori sorprese la premier dovrebbe candidarsi e ottenere maggiori preferenze) a livello politico il suo orientamento verso il no mostra il vero volto del Partito democratico. Un partito vocale contro Meloni ma poco incline alla normale dialettica politica e al giudizio degli elettori.

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