La svolta antimafia del vescovo di Acireale: niente funerale per i boss

Il decreto che proibisce le esequie in chiesa a chi sia stato condannato in via definitiva e non abbia mostrato segni di pentimento è stato presentato ieri, alla presenza del ministro di Giustizia Cancellieri. Monsignor Raspanti: «Chiesa e Cosa nostra sono inconciliabili»

È la chiesa di «3P», padre pino Puglisi, fresco beato perché ha spinto il suo «no» alla mafia sino al martirio, ammazzato dai boss. Ma è anche una realtà in cui il limite tra Chiesa e mafia non è stato sempre netto, prova ne sia la religiosità spesso ostentata dai boss, con tanto di santini, bibbie e persino cappelle private in casa, nei rifugi da latitante. Ecco perché il decreto promulgato dal vescovo di Acireale (Catania), monsignor Antonino Raspanti, è dirompente e segno tangibile di una Chiesa siciliana che cambia: nella diocesi catanese, infatti, non saranno più celebrati funerali in chiesa per i boss, almeno per quelli bollati come tali, in nome del popolo italiano, da una sentenza di condanna definitiva.
Un gesto fortissimo. Che fa il paio, forse, solo con l'anatema contro i mafiosi lanciato da Giovanni Paolo II nella Valle dei templi di Agrigento. Il decreto «di privazione delle esequie ecclesiastiche per chi è stato condannato per reati di mafia in via definitiva» è stato presentato ufficialmente nel corso di un incontro cui hanno partecipato il ministro di Giustizia, Anna Maria Cancellieri, e il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi. «Ho apprezzato molto questo decreto del vescovo di Acireale -ha commentato il Guardasigilli - è u n decreto molto coraggioso, significativo ed importante. In queste cose anche gli aspetti simbolici sono determinanti, e siamo di fronte ad un segnale molto bello e molto forte. La collaborazione fra la Chiesa e le istituzioni è fondamentale. Bisogna che tutti insieme si lavori per fini comuni che poi sono le sfere dei diritti dei cittadini».
Monsignor Raspanti è molto netto. «Questo decreto - dice - è nella tradizione di tutto quello che la Chiesa siciliana, i miei confratelli vescovi, anche quella italiana, già da parecchi decenni hanno fatto, lavorando e sensibilizzando di concerto con la società civile. Io ho voluto solo mettere una conseguenza che è nella logica delle cose, non è una vera e propria innovazione di ciò che la Chiesa ha pensato negli ultimi decenni. Probabilmente l'applicazione in questo territorio è un po' più innovativa.

Vorrei che ci fosse una netta distinzione e chiarezza tra chi appartiene a una organizzazione e chi appartiene alla Chiesa: le due cose sono inconciliabili, è questo il senso».
Il divieto di esequie in chiesa riguarderà tutti i condannati per reati di mafia in via definitiva. Unica eccezione, per chi, pur condannato, dia tangibili segni di pentimento e di ravvedimento.

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