Le polemiche sulla presunta trattativa Stato-mafia mettono in imbarazzo il Quirinale e dividono sulle indagini palermitane le toghe, soprattutto la corrente di sinistra Magistratura democratica, quella di Antonio Ingroia.
Sul suo blog Antonio Di Pietro insiste ad attaccare il capo dello Stato, che avrebbe «interferito» nell’inchiesta su richiesta di Nicola Mancino ( accusato di falsa testimonianza), ministro dell’Interno all’epoca delle stragi del ’92-’93. «Rimangono oscuri- dice il leader Idv - i motivi per cui il presidente della Repubblica abbia inviato una lettera sulla vicenda Mancino al procuratore generale della Cassazione, motivando a posteriori la missiva con l’esigenza di “un coordinamento tra le Procure” (Palermo, Caltanissetta e Firenze, ndr ). Non è un atto improprio, visto che la responsabilità del coordinamento delle indagini per fatti di mafia appartiene al procuratore nazionale antimafia?».
La notizia della telefonata al Quirinale di Mancino (vicepresidente del Csm guidato da Napolitano dal 2006 al 2010) ha generato un piccolo terremoto. Dal Colle solo silenzio, dopo la nota per respingere le illazioni rendendo nota la lettera del segretario generale Donato Marra. Ma in difesa di Napolitano interviene la Guardasigilli: «Il Quirinale - dice Paola Severino- si è sempre comportato in maniera assolutamente rispettosa dei diritti e delle istituzioni». E la sua collega agli Interni, Annamaria Cancellieri, invita a lasciar lavorare la magistratura.
Dopo il procuratore capo di Palermo Messineo anche Ingroia, che coordina le indagini in questione, garantisce di non aver subito pressioni dal Quirinale, pur non negando il tentativo di Mancino. «È ormai - dice - una cattiva abitudine molto diffusa quella di cercare scorciatoie per affermare la propria innocenza».
Una delle mosse di Ingroia,l’avviso di garanzia al novantenne ex Guardasigilli Giuseppe Conso per false informazioni, ha aperto un’accesa polemica tra i magistrati, molti dei quali sulle mailing list difendono la sua «esemplare rettitudine ». Per primo l’ha fatto pubblicamente il pm romano Nello Rossi, tra gli esponenti storici di Md. Ne è nata una bufera e nel weekend se ne occuperà il vertice della corrente di sinistra.«C’è una vera e propria spaccatura, una ribellione - dice l’ex segretario Rita Sanlorenzo- conosciamo la statura morale di Rossi, ma l’attestato di stima a Conso delegittima i magistrati di Palermo».
Per Claudio Martelli, predecessore di Conso, la sua decisione di togliere dal carcere duro centinaia di boss mafiosi,
ebbe il consenso del capo dello Stato (che allora era Oscar Luigi Scalfaro). «Mi hanno fatto fuori- aggiunge Vincenzo Scotti, ministro dell’Interno prima di Mancino- e dopo di me ci fu un cambiamento di linea».
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