Per Toti scocca l'ora delle dimissioni

La scelta del governatore ai domiciliari. E la sua lista elimina la parola "presidente"

Per Toti scocca l'ora delle dimissioni
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Giovanni Toti ha deciso di dimettersi. Questione di ore, già oggi potrebbe formalizzare il passo indietro. Ieri, in consiglio regionale, la sua lista ha cambiato nome da «Cambiamo con Toti presidente» a «Lista Toti Liguria». Via la parola presidente. È la conclusione di ottanta giorni di arresti domiciliari e provvedimenti giudiziari che di fatto hanno colpito al cuore il suo ruolo politico e la sua attività di governatore con l’accusa di corruzione e finanziamento illecito ai partiti.

La nota con cui il centrodestra ligure due giorni fa aveva ribadito «la solidarietà» a Toti, non ha cambiato l’esito delle riflessioni che negli ultimi giorni lo hanno portato alla sua scelta più difficile, dopo nove anni di mandato. Non è stato più necessario l’incontro, che pur era stato autorizzato dal gip, con il vicepremier Matteo Salvini. La consapevolezza di una scelta obbligata è maturata con amarezza nelle ultime settimane. Troppo stretto il sentiero giudiziario in cui l’ha spinto la Procura di Genova, con la doppia ordinanza di misura cautelare e l’imminente, sempre più probabile, richiesta di mandarlo a giudizio immediato. Senza il passo indietro che ora potrebbe restituirgli la libertà, sarebbe stato troppo alto il rischio di andare a processo restando ai domiciliari per un tempo molto più lungo. La scelta è maturata anche dopo aver letto e metabolizzato i provvedimenti con cui i giudici liguri, da ultimo quello durissimo e controverso del Riesame, hanno motivato l’esigenza di tenerlo agli arresti. Di fatto non hanno mai lasciato a Toti altre opzioni che la remissione dell’incarico per poter sperare di tornare libero.

Con una tesi ribadita con convinzione: il governatore nel pieno delle sue funzioni potrebbe reiterare il reato. Sono stati due mesi e mezzo di studio, nella sua villa di Ameglia, di lettura attenta delle novemila pagine di un’indagine durata quattro anni e con migliaia di ore di intercettazioni che di fatto hanno costruito l’impianto accusatorio. Per i pm avrebbe percepito 74mila euro di finanziamenti elettorali dall’imprenditore della logistica del porto Aldo Spinelli, in cambio di favori. E avrebbe agevolato, dietro pagamento di spot elettorali, Esselunga nell’apertura di due punti vendita. Non è bastato l’interrogatorio con cui sperava di aver chiarito i fatti, negando qualsiasi nesso tra erogazioni e presunti favori. Sicuro di non aver commesso alcun illecito, di aver agito nell’interesse pubblico del porto di Genova e secondo il suo programma politico. Anzi, quell’interrogatorio è stato usato dal Riesame come elemento per lasciarlo in reclusione perché bollato come «irrilevante». Resta comunque il ricorso in Cassazione con cui Toti ha impugnato la «visione medioevale» dei magistrati genovesi.

Formalizzate le dimissioni, il suo avvocato, Stefano Savi, farà subito istanza di revoca della misura cautelare al gip. Servirà qualche giorno per sapere se il futuro ex governatore potrà tornare a essere un uomo libero.

Quanto alla Liguria, il presidente facente funzioni dovrà fissare la data delle elezioni da tenersi entro 90 giorni, dunque a fine ottobre. L’obiettivo della maggioranza è rivendicare i risultati dell’era Toti, senza offrire alle opposizioni l'assist per demolire quanto di buono fatto in nove anni.

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