Vitalizi, armocromista, eleganza: la sinistra fuori dalla realtà

Non solo il caso più recente caso di Piero Fassino, ma sono tanti gli esponenti giallorossi che sono scivolati dialetticamente sul tema degli stipendi e dei costi della politica

Vitalizi, armocromista, eleganza: la sinistra fuori dalla realtà

La dichiarazione di Piero Fassino sui "soli" 4mila euro netti abbondanti che ogni parlamentare porta a casa alla fine di ogni mese ha destato particolare scalpore: anche perché quel cedolino mostrato alle telecamere era arrivato in occasione di un suo discorso tenuto alla Camera dei Deputati, in dissenso con il gruppo parlamentare del Partito Democratico, mentre si stava discutendo dello stop ai cosiddetti vitalizi, al quale l'ex segretario dei Ds si era pronunciato in maniera contraria. Tuttavia, il fatto di essersi elevato a portabandiera di questa battaglia - destinata (inevitabilmente) a fare discutere - ha completato una collezione di gaffe generate da esponenti di sinistra che riguardano proprio i tempi personali di bilancio economico: scivoloni dialettici per i quali è stato soprattutto il loro elettorato di riferimento a storcere il naso, frastornato da atteggiamenti pubblici che palesano un movimento politico completamente scollegato dalla realtà.

L'armocromista di sinistra

Il nome di Enrica Chicchio comincia a risuonare in maniera "prepotente" nella seconda metà di aprile di quest'anno: di chi stiamo parlando? La citò esplicitamente AEAlly Schlein in un'intervista rilasciata a Vanity Fair. Chicchio è un'image consultant e personal shopper assunta dalla nuova segretaria del Pd per selezionarle i colori più adatti a essere indossati per creare un outfit "perfetto". Probabilmente per la prima volta della storia della politica emerse la parola "armocromista". Le sue consulenze possono arrivare a costare anche 400 euro l'ora. Un prezzo che non tutti i militanti e simpatizzanti dem possono permettersi, specialmente per un servizio non esattamente di fondamentale necessità.

I due stipendi incompatibili

Appena venne eletto come senatore del Partito Democratico, Andrea Crisanti rivendicò nelle prime settimane da parlamentare il proprio diritto di continuare a percepire, ugualmente, lo stipendio anche da medico nonostante si fosse messo in aspettativa per esercitare il proprio ruolo politico. La vicenda aveva fatto alterare (e non poco) l'Azienda ospedaliera Padova il cui vertice, Giuseppe Dal Ben, aveva giustamente contestato la richiesta del professore: il compenso del microbiologo poteva essere accordato solamente nel caso in cui avesse lavorato nei termini stabiliti dal contratto con l'Università: con un altro lavoro, non poteva pretendere più nulla. Un po' costretto sostanzialmente dalle circostanze, alla fine Crisanti rinunciò allo stipendio da dottore: seppur dopo tanta insistenza altrui.

La casa pagata con le copie di un libro

Lasciando stare per un momento le vicende giudiziarie che stanno riguardando la sua famiglia, l'autodifesa televisiva di Aboubakar Soumahoro fu un disastro dietro l'altro. Il deputato eletto con l'Alleanza Verdi-Sinistra (poi passato al gruppo misto) venne intervistato da Corrado Formigli per Piazzapulita pochi giorni dopo l'esplosione dello scandalo sulle sue cooperative. Due frasi fecero letteralmente il giro dei social. La prima riguardava il fatto che fosse stato grazie ai proventi del sui libro scritto che poté acquistare casa: peccato che fosse complicato riuscire a fornire garanzie alla banca per accedere al credito di 270mila euro esclusivamente con delle copie di un libro che non fu esattamente un best seller. La seconda sottolineò il "diritto all'eleganza" di sua moglie: un "diritto" più che legittimo, se non fosse che lei ostentasse sui social vestiti griffati proprio nel lungo periodi in cui i dipendenti non venivano più pagati.

Gli ex grillini strapagati ma scontenti

Non avevano ancora cominciato a lavorare ufficialmente nei gruppi del Movimento Cinque Stelle in Parlamento, ma già si lamentavano ed erano addirittura pronti a chiedere l'aumento. All'inizio di quest'anno alcuni ex dipendenti dei grillini di Camera e Senato e gli attuali parlamentari manifestarono malumori e denunciarono le presunte pretese dei big pronti a prendere servizio negli staff pentastellati di Montecitorio e Palazzo Madama. Si sottolineavano soprattutto le recriminazioni di Paola Taverna e Vito Crimi, ripescati da Giuseppe Conte a 70mila euro lordi all'anno: circa 3mila euro al mese. Ma si parlò anche di proteste da parte degli altri ex in procinto di rientrare nel Palazzo. Dall'ex ministra Fabiana Dadone all'ex tesoriere del gruppo alla Camera Claudio Cominardi. Insomma: risarciti e già delusi.

Cirinnà tuttofare

"Nei pochi giorni di ferie, cinque per la precisione, sto facendo la lavandaia, l'ortolana, la cuoca. Tutto questo perché la nostra cameriera, strapagata e messa in regola con tutti i contributi Inps, ci ha lasciati da un momento all'altro". A parlare così fu Monica Cirinnà, reduce già dallo stress per i 24mila euro in contanti ritrovati nella cuccia del cane in giardino e di cui nessuno ha mai conosciuto la provenienza.

In quello sfogo, raccolto dal Corriere della Sera, c'era tutto: il disprezzo per le mansioni più umili, i capricci di chi non è abituato alla fatica fisica, la spocchia verso i diritti di una lavoratrice, l'indifferenza per la vita interiore dei propri dipendenti, lo snobbismo classista nonché - un elemento che accomuna tutti questi personaggi - la piena incapacità di comprendere le conseguenze delle proprie parole.

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