Volevano truffare Silvio Berlusconi: questo è il succo, piuttosto innovativo, della sentenza d'appello ai rapitori di Giuseppe Spinelli, il cassiere della famiglia Berlusconi, vittima di un rapimento maldestro e dai tanti punti oscuri nel 2012. Oggi la Corte d'appello ha ridimensionato le pene a tutti i componenti della banda, un gruppo di giovani albanesi guidati dall'ex pentito pugliese Francesco Leone. Leone si è visto ridurre la pena a sei anni e otto mesi di carcere, trattamento decisamente soft. Ma all'accusa di sequestro di persona la corte ha aggiunto quella di tentata truffa. Vittima del tentativo - anche se il dispositivo della sentenza non lo cita con nome e cognome - fu per i giudici Silvio Berlusconi, che dai rapitori si vide recapitare una richiesta di trentacinque milioni per liberare Spinelli, che avevano fatto prigioniero nella sua casa di Bresso, e per consegnare una chiavetta usb che avrebbe contenuto rivelazioni mirabolanti sul caso del lodo Mondadori. La chiavetta, si è poi scoperto, esisteva ma era vuota. Reali e brutali furono le botte a Spinelli, e le lunghe ore di paura vissute dall'anziano ragioniere e da sua moglie. Ma l'accusa di sequestro a scopo di estorsione, che avrebbe portato a pene ben più severe, nell'ordine dei decenni di carcere, è stata ritenuta insussistente dalla corte presieduta dal giudice Rosario Spina. Fu, insomma, una impresa maldestra, finalizzata a cercare di tirare un bidone al Cavaliere.
Ma i tanti punti oscuri del caso, le incongruenze dei tempi, la presenza di un personaggio misterioso e mai identificato, restano sullo sfondo del processo. Forse una inchiesta un po' più approfondita avrebbe portato a galla dettagli meno banali. Ma ormai la faccenda è chiusa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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