Evidentemente a Nicola Zingaretti non deve essere ancora andata giù l'esperienza di due anni fa al Partito Democratico come segretario. Altrimenti non si spiegherebbe il livore con il quale continua a parlare in maniera sprezzante del gruppo dirigente. Quello stesso gruppo che gli ha consentito di candidarsi capolista alla Camera in Lazio e di garantirgli così il seggio a Montecitorio, nonostante fosse anche presidente regionale e quindi incompatibile con la nuova carica parlamentare.
Le sue ultime dichiarazioni sul Pd non lasciano spazio a equivoci. "Il gruppo dirigente del Pd non è stato in grado di dare una risposta alla crisi dopo il 25 settembre con la Costituente. È stato detto lo faremo ma poi ancora una volta non si è avuto il coraggio di farlo". Ecco, quindi, il primo dei suoi due annunci, arrivati uno dietro l'altro: l'appoggio alla Schlein per la segreteria del partito. "Bisogna voltare pagina che vuol dire costruire classe dirigente su un'idea di Paese. Credo nelle innovazioni ma le innovazioni devono avere un indirizzo. Ben vengano discontinuità e cambiamento. Elly è la speranza per tenere viva questa voglia di cambiamento. É l'ipotesi più credibile".
Zingaretti implora gli elettori dei 5 Stelle
Probabilmente questo endorsment non sarà stato preso benissimo da Stefano Bonaccini, suo ex omologo, che si aspettava evidentemente un appoggio elettorale alle primarie come quello che ricevette tre anni fa alle Regionali in Emilia Romagna dall'allora segretario nazionale del Partito Democratico. Tuttavia, lo scambio di amorosi sensi tra Zingaretti e Bonaccini si interruppe nel marzo 2021 al momento delle dimissioni di Zingaretti da Largo del Nazareno, con quest'ultimo che sbottò in questo modo: "Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie". Oggi, invece, in questo stesso movimento "prevale la paura e il conservatorismo" e "molte volte chi vorrebbe partecipare è respinto". Della serie: Enrico Letta ha sbagliato su tutta la linea.
Insomma: viva il nuovo – o, per non dare un dispiacere linguistico alla Boldrini, alla nuova – che avanza, seppur destinato a perdere. Così come è in procinto di andare incontro a una sonora sconfitta Alessio D'Amato – non esattamente 'nuovissimo' in politica – che aspira a diventare il successore di Zingaretti a capo della Regione Lazio. L'ultima mossa disperata del fratello del Commissario Montalbano, in occasione del voto del 12 e 13 febbraio, è quella dell’appello al voto utile. "Io rispetto tutti i candidati e le candidate – ha affermato Zingaretti – ma c'è solo una candidatura che può fermare la destra che ritorna ed è quella di Alessio D'Amato. Perché il sistema elettorale maggioritario a turno unico non assegna medaglie d'argento, ma ne vince uno solo: e la competizione è tra Rocca e D'Amato". Insomma, gli elettori del Movimento 5 Stelle sono caldamente invitati a usufruire del voto disgiunto per fare un favore all'assessore alla Sanità di Zingaretti: "Votate anche le liste che volete, ma poi votate il presidente che può fermare il ritorno della destra".
In sintesi, siamo alle solite: la sinistra agita lo spauracchio del "ritorno destre" per cercare di raccogliere anche i voti di quelli che di sinistra non sono. Il risultato, tuttavia, sarà pressoché identico a quello dello scorso 25 settembre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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