«La prima cosa con cui fare i conti è lo sporco», poi vengono il sesso e infine il potere, uniti nello sguaiato coacervo della maleodorante ottusità universale, «muffa, cipolla bruciata, formaggio», con la quale non bisognerebbe mai scendere a patti. Se non lo si fa, tuttavia, si muore subito di fame, solitudine e follia, per cui si finisce per desiderarla («anelo il contagio»), perlomeno quando si è giovani e l'alternativa è la nullità sociale. Il dissidio fra l'angelismo della protagonista e il senso della realtà degli altri - fra Dio e Mefistofele, se si preferisce - è la chiave con cui leggere Inverness (Polidoro, pagg. 174, euro 15), otto splendidi racconti con i quali Monica Pareschi, scrittrice e grande traduttrice dall'inglese, conferma di essere uno degli autori più notevoli in circolazione.
Nelle prime pagine una bambina che trascorre l'estate in campagna è trascinata davanti alla gabbia di un coniglio macchiatosi delle peggiori autofagie, disturbante apparizione di un animale doppio il cui ruolo nell'immaginario collettivo contrasta con la sua sostanza; al pari del gabbiano simbolo di libertà che, però, uccide e divora ratti; e degli sgombri «dalla bocca scontenta» sul banco del pescivendolo, altrettante immagini di un'ambigua condizione ferina che gli esseri umani, invece di fuggire, inseguono. E ad ogni gradino della scala sociale: come dimostra il caso del colto seduttore intellettuale che dopo aver strappato un invito a cena ficca un piccolo, gelatinoso dolce nella bocca della donna che vorrebbe portarsi a letto, per anticiparne allegoricamente il cedimento. La cura maniacale per il ritmo e la musicalità della frase sostiene anche il racconto esemplare che dà il titolo alla raccolta: conosciuta sui banchi di scuola, P. è l'amica coraggiosa che suona l'oboe e tende la mano a chi cade. Partita per gli Stati Uniti, ritorna due anni dopo in Italia con la cellulite e i segni di una corruzione che, paradossalmente, promette bene. Progettano dunque di viaggiare insieme fino ad Inverness, la città più a nord della Scozia.
Inverness, beninteso, è il gelido settimo cielo dal quale si è caduti e dove si vorrebbe tornare,
stavolta con un biglietto dell'Interrail e usando come trampolino il lercio delle case inglesi. Il fallimento che ne seguirà è la dimostrazione, l'ennesima, che la strada che conduce al paradiso non può passare per l'inferno.
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