Io onorevole vi spiego perché questa politica è disonorevole

Il mercato dell’antipolitica è fruttifero: Stella e Rizzo hanno capito il momento giusto, Beppe Grillo cerca di cavalcare l’onda. Il problema della disaffezione verso la politica c’è, basta girare per strada e fare due chiacchiere con il primo che capita. E così i vari Grillo cercano di ergersi a rappresentanti di tale disagio. Il malessere può essere incarnato anche da un comico, ma le cause non possono affrontarsi con l’emotività della piazza.
La soluzione al vento dell’antipolitica (che rischia di diventare una bufera) deve trovarla la politica stessa, con un profondo e sensato processo di riforma all’insegna di due parole d’ordine: produttività e sobrietà. Se i cittadini continueranno a ritenere i loro rappresentanti nullafacenti non basterà la rinuncia a qualche benefit per placare gli animi. Serve uno sforzo maggiore, una dimostrazione di capacità decisionale. Non è possibile che trascorrano intere legislature senza riformare la Costituzione, senza metter mano a grandi questioni come sicurezza, immigrazione, tasse, scuola, università, mercato del lavoro e pensioni. E quando qualcuno ha il coraggio di dar vita a riforme forse difficili da spiegare ma certo utili al Paese – com’è avvenuto nella scorsa legislatura – c’è subito pronto un processo di controriforma che annulla tutto. È questo il terreno di coltura dell’antipolitica ed è questa la lacuna che i partiti devono colmare. Riformando partiti e sistema, garantendo partecipazione, trasparenza e rapidità nelle decisioni. Chi pensa che il problema si risolva cancellando i partiti non conosce le regole basilari della democrazia. Senza partiti, infatti, non c’è democrazia. Il problema è che oggi politica e informazione sono autoreferenziali, preferiscono parlare di primarie, litigi interni ai partiti, leggi elettorali, nuove alleanze, invece che dei problemi reali del Paese. Il tutto con scarsa sobrietà da parte di chi siede in importanti assemblee, troppe auto blu, benefit e qualche «lei non sa chi sono io» di troppo.
La gente oggi guarda il proprio portafogli e vede che lo Stato, sotto forma di tasse, gli prende quasi la metà per offrire servizi scadenti e tenere in piedi un baraccone clientelare fatto di nomine, prebende e sottogoverno. Ma anche la mancanza di serietà, stile e sobrietà di gran parte delle «uscite» che occupa la scena politica, non aiuta l’immagine delle nostre Istituzioni: oggi la dichiarazione sopra le righe è un must per chi vuole comparire su Tv e giornali. A sinistra vogliono sfruttare l’antipolitica per nascondere il non governo Prodi, la sua incapacità di decidere, le sue divisioni. Il centrodestra non può assistere inerte a questo tentativo, né può limitarsi a difendere la «categoria» dei politici, ma deve sfidare l’antipolitica sul proprio terreno, offrendo risposte chiare sui temi delle tasse chiedendo un taglio netto delle aliquote, della burocrazia opprimente, proponendo il licenziamento dei fannulloni che non producono, della giustizia inefficiente. Parimenti la politica deve creare un nuovo stile per dare un senso all’essere «onorevoli» e dare un’immagine di professionalità, serietà e competenza per ricreare quel sentimento di stima dei cittadini nei confronti delle Istituzioni. Per fare questo non basta ridursi lo stipendio.

Serve una carica morale, uno spirito di missione e una riforma istituzionale che renda più facili le decisioni e più facilmente individuabili le responsabilità di chi decide. Bisogna ripartire dalle fondamenta nel nostro vivere civile.
* Deputata di Forza Italia

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