"Io in pensione? Non ci penso. A Silvio ho detto: vai al Colle"

Dopo 40 anni, il re del salotto tv si confessa: "Sono troppo curioso per fermarmi". E rivela: "Racconterò i personaggi famosi attraverso i loro figli"

"Io in pensione? Non ci penso. A Silvio ho detto: vai al Colle"

«Mo' parliamo subito di cose belle», dice. D'accordo. Allora la prima notizia è che, nonostante sia in onda da quarant'anni, il Maurizio Costanzo Show aumenta gli spettatori giovani, quelli compresi tra i 15 e i 34 anni, quelli che seguono sempre meno la tv. La seconda notizia è che l'autorevolezza non ha età e quindi piace a tutte le età. «È il dato che mi fa più piacere, è una conseguenza del lockdown ma anche dell'attenzione che abbiamo dato a temi come il Ddl Zan», conferma lui, classe 1938, senza dubbio uno dei padri fondatori della televisione moderna.

Alla tv Maurizio Costanzo ha portato l'anima popolare e popolana, mescolando l'alto con il basso e diventando un «format». Non a caso oggi si dice «tv alla Costanzo». Difficile trovare qualcosa che non abbia fatto in oltre sessant'anni di carriera: autore, conduttore, giornalista, talent scout, testimonial e via elencando. Poi, con il suo Show, è diventato uno snodo fondamentale dell'attualità, del costume e della politica. È arrivato prima dei social, trasformando lo schermo in un luogo d'incontri e condivisioni. Un rituale che va avanti da quarant'anni, restando sempre al centro della scena. «E se va come deve andare, continuerò ancora con altre edizioni».

Si ricorda la prima?

«Andava in onda soltanto una volta alla settimana su Rete4, allora di proprietà della Mondadori. Poi la comprò Berlusconi e mi chiese di fare una puntata al giorno».

Adesso siamo arrivati a 70mila ospiti. Da Kirk Douglas a Carmelo Bene all'uomo qualunque, passando per politici, giornalisti, cantanti, star.

«L'ospite che per primo mi viene in mente adesso è Aïché Nana, sa la ballerina che negli anni Cinquanta improvvisò uno spogliarello citato anche da Fellini nella Dolce Vita?».

La famosa festa organizzata dall'appena scomparsa Olghina di Robilant al Rugantino di Roma che diventò il manifesto di un'epoca.

«Un atto casuale ma dirompente. Uno di quei gesti che entrano nella storia del costume. Mi piaceva la sua voglia di vivere, di rimanere sempre la Aïché del ristorante Rugantino, piena di entusiasmo».

Il bello del Costanzo Show è che talvolta diventa un «confessionale».

«Una volta Andreotti disse: Lo sa che quasi tutti i miei compagni di scuola sono diventati cardinali? Loro hanno fatto carriera. Ma come, gli risposi, loro hanno fatto carriera? E lei?».

Era presidente del Consiglio.

«Ma quella risposta era forse la conferma di un suo riflesso mentale, magari una conseguenza dell'educazione per la quale il Vaticano restava per lui sempre il punto di riferimento più importante».

Ci sono stati ospiti che, da soli, valevano il biglietto.

«Sordi. Oppure Gassman. Oppure i tre tenori Pavarotti, Carreras, Domingo. O Monica Vitti, che ha appena compiuto 90 anni e che ricordo con tenerezza. L'ultima volta che è venuta da me ne aveva 70 e quella sera ho intuito che non stava già bene. Non aveva nulla di visibile, per carità, solo una mia sensazione poi purtroppo confermata».

Costanzo ha «importato» il talk show dagli Stati Uniti.

«E ho voluto l'orchestra sul palco perché l'avevo vista da Johnny Carson nel Tonight Show».

Negli States i talk show hanno fatto opinione e lanciato protagonisti. L'Ed Sullivan Show, ad esempio, lanciò Elvis e i Beatles.

«Il mio rapporto con la tv americana è sempre stato molto stretto. Ricordo sempre quando sono stato ospite del David Letterman Show, credo fosse il 1984».

David Letterman è a godersi la pensione già da qualche anno. E lei?

«Ma perché? Sono curioso di tutto. Se mi chiedessero di intervistare uno per strada che chiede l'elemosina, probabilmente gli farei domande per mezz'ora».

Nell'epoca di Google e del «sotuttosubito», anche ai giovani piace chi vuole approfondire.

«E questa necessità porta ad aumentare il confronto generazionale. Perciò in questa edizione del Costanzo Show ho voluto avvicinare personaggi famosi e politici ai loro familiari. Abbiamo iniziato con Maurizio Gasparri in studio con la figlia. E poi Meloni, Salvini eccetera. Chiedo ai figli che genitori hanno. Faccio il percorso inverso rispetto al solito».

Dopotutto questa è sempre stata la cifra di Maurizio Costanzo. Andare al contrario. Partire dall'uomo della strada per capire l'uomo di potere. Una chiave di lettura che oggi sembra più attuale che mai, vista che spesso le due figure si sovrappongono. E usare questa chiave è meno facile di quel che sembra: ci vuole impegno, mica basta googolare per fare la scaletta del Costanzo Show. «Per individuare gli argomenti ci lavoriamo quattro o cinque ora ogni volta».

Lui, che non è più un giovanotto dall'alto dei suoi 83 anni, anche stavolta parla dal suo studio di Roma pieno di libri e schermi tv, appoggiato a una scrivania come gran parte della giornata. Usando una parola inglese, Costanzo è un «workaholic», lavora ogni giorno finché può. Dopotutto legge, scrive sui quotidiani, fa tv. «Ah sono anche su Rai1 in terza serata con S'è fatta notte ideato con Pino Strabioli». Inarginabile. Ed è così da ben più di mezzo secolo.

C'è un suo erede?

«Mi piace molto Giovanni Floris, ha un bel modo di condurre sin da quando era in Rai. E anche, specialmente per come tratta la politica, Paolo Del Debbio. Non so se sono miei eredi. Comunque mi piacciono».

Pochi però hanno il coraggio di portare in scena volti sconosciuti.

«Sì io l'ho fatto spesso. E spesso sono diventati personaggi. Talvolta sono proprio esplosi, come Vittorio Sgarbi oppure Giampiero Mughini. Altre volte, come nel caso di Carmelo Bene, sono diventati popolari, hanno dato un'immagine di sé magari diversa da quella conosciuta, come nel suo caso, soltanto nel mondo teatrale o letterario».

I comici poi.

«Enzo Iacchetti, Dario Vergassola, hai voglia... Ne ho scelti tanti, sono sempre una componente essenziale, dopotutto la risata è una parte decisiva delle belle chiacchierate, no?».

A proposito di chiacchiere, se ne sentono molte dai no vax.

«I no vax che non rompessero i cog...».

Qualche volta comunque ci riescono.

«Leggo che le terapie intensive sono purtroppo piene di no vax».

Parliamo di sì vax.

«A scanso di equivoci, ho fatto la terza dose. Il vaccino al momento è l'unica vera soluzione a questo contagio, no? E allora facciamolo».

Chi è Maurizio Costanzo sul palco?

«Un signore che lancia gli argomenti di discussione».

Quanto ci vuole a fare una puntata del Costanzo Show?

«Prima c'è la selezione degli argomenti. Poi c'è tutto il resto, che non è poco».

Nella puntata che celebrava i 20 anni, nel 2001, arrivò anche un messaggio del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: «La sua trasmissione ha contribuito a stimolare il confronto e il dialogo».

«Spero di continuare a meritare questo giudizio anche vent'anni dopo».

Il pubblico conferma.

«Una media del 15 per cento di share dopo così tanti anni di messa in onda è senza dubbio straordinaria. È una soddisfazione enorme per chi, come me, ci ha dedicato una vita».

70mila ospiti. Infinite interviste. Scoop. Attentati subiti. Polemiche. Successi. A furia di assorbire la vita degli altri, si rischia di farsene condizionare. Mai avuto momenti bui o depressione?

«No, depressione mai. Quando ho qualche periodo difficile, trovo sempre qualcosa da fare, qualche novità, un progetto nuovo. Mi viene spontaneo, è il mio modo di reagire».

C'è qualcosa che non sopporta?

«Forse il politicamente corretto si è preso uno spazio esagerato».

Nel 1978 Rino Gaetano la citò nella canzone Nuntereggaepiù.

«Lo invitai nel mio programma di allora su Raiuno che si chiamava L'Acquario».

Quello con un acquario sotto la scrivania come quello di Fazio a «Che tempo che fa».

«In studio c'era anche Susanna Agnelli».

Pure lei citata nella canzone di Rino Gaetano.

«Quando lo vide entrare, sorrise».

Lui la cantò quasi tutta.

«La Agnelli confermò di conoscere il pezzo perché gliel'avevano fatto ascoltare i figli. E, alla fine, aggiunse che, se fosse stata nel ruolo del cantante, avrebbe fatto la stessa cosa, ossia avrebbe scritto un testo del genere. Si comportò da grande signora».

Un confronto che oggi sarebbe difficile.

«E io spero che si torni ai tempi di Rino Gaetano quando, nel rispetto di tutti, si poteva parlare più liberamente. Non a caso lui fece una canzone di protesta eppure venne tranquillamente in tv su Raiuno a parlarne senza alcuna censura o protesta».

Quando parla, Maurizio Costanzo ha una lucidità storica impressionante. Se volesse, potrebbe scrivere un best seller soltanto con i ricordi di una carriera iniziata a diciott'anni a Paese Sera e transitata attraverso interviste gigantesche (anche Totò, lo sapete?), programmi tv, nuovi personaggi comici (si immaginò Fracchia con Paolo Villaggio) e persino canzoni come Se telefonando, di cui ha scritto il testo con Ghigo De Chiara, mentre la musica e gli arrangiamenti sono di Ennio Morricone. La voce, naturalmente, è quella eterna di Mina.

Ha voglia di scrivere un altra canzone?

«Eh ma quelli so' colpi de culo. Hai Mina che canta ed Ennio Morricone che scrive la musica e la arrangia. Quando ti ricapita? Di certo ci ripenso spesso, è stato un momento meraviglioso».

Qualche volta sul palco del Costanzo Show ha suonato il sax. Che musica ascolta?

«Ascolto un jazz morbido che mi aiuti a rilassarmi e a concentrarmi. E poi qualche volta ritorno indietro nel tempo con Buscaglione, Bongusto, Carosone, insomma grandi musicisti che sapevano come emozionare il pubblico».

Anche i ragazzi li stanno scoprendo.

«È importante conoscere le nostre radici. In un certo senso, il periodo del lockdown ha aiutato ad approfondire, a guardarsi indietro, magari a scoprire i maestri.

E penso che il lockdown abbia anche aiutato la tv generalista a confermare e magari aumentare il consenso, specialmente presso il pubblico più giovane».

In che modo Maurizio Costanzo parla ai giovani?

«Cercando di pensare a cosa pensano loro. E senza giudicarli».

Anche la politica torna a interessare i ragazzi. Come vede Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica?

«Penso che gli piacerebbe».

Ma Costanzo cosa ne pensa?

«Gliel'ho anche detto: Silvio vai al Quirinale. Anche se so bene che a qualcuno darà fastidio. Però...».

Però?

«Prima di fare politica, Berlusconi

è stato un editore liberale e illuminato e mi pare che anche successivamente abbia confermato queste sue caratteristiche. E poi, per quanto mi riguarda, senza di lui quarant'anni di Costanzo Show non li avrei mai fatti».

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