"Io, Stephen e la mia rivale: la dispotica dea della fisica"

L'ex moglie del cosmologo inglese racconta i 25 anni insieme: "Si dedicava solo alla scienza Passava interi weekend a pensare, pensare... E poi mi sorrideva: 'Ho risolto un problema'"

"Io, Stephen e la mia rivale: la dispotica dea della fisica"

Jane Hawking risponde al telefono dalla sua casa di Cambridge. Il suo cognome in realtà è Wilde, ma tutti la conoscono con quello dell'ex marito Stephen: perché nell'autobiografia Verso l'infinito (Piemme, pagg. 588, euro 19,50) racconta la storia della sua vita con un'icona della scienza, il fisico che per trent'anni ha occupato la cattedra di Newton, l'uomo che, dalla sedia a rotelle dove è immobilizzato a causa della sclerosi laterale amiotrofica, studia i misteri e l'origine dell'universo. Sul libro di Jane è basato il film La teoria del tutto che è valso l'Oscar a Eddie Redmayne (che è Hawking sullo schermo).

Lei e Hawking avete passato insieme 25 anni. Come li descriverebbe?

«Era una ... come si dice in italiano roller coaster life ?»

Come vivere sulle montagne russe.

«Ecco. Tutta su e giù, alti e bassi. Il fatto è che c'erano due immagini molto differenti: da un lato quella pubblica, fatta di premi luccicanti, successo, lauree ad honorem, riconoscimenti scientifici; ma, dall'altro, c'era una realtà di grande difficoltà a causa della malattia, di disperazione e, per me, di sfinimento assoluto».

Nel 1965 gli avevano dato due anni di vita. Come mai decise di sposarlo?

«Perché lo amavo. Era divertente, andavamo d'accordo, ci capivamo. Sapevo che aveva un potenziale grandioso e lo volevo aiutare ad esprimerlo. Del resto quando l'ho conosciuto ero giovane, avevo 19 anni e mi dicevo che potevo tranquillamente dedicare due anni della mia vita ad aiutare qualcuno che amavo».

È stata accanto a lui per 25 anni e poi, nel 1990, vi siete separati. Era arrabbiata?

«No. Però è stata molto dura. Mi ero sempre dedicata a lui, ai nostri tre figli, a creare una famiglia felice. Tutto è cambiato con l'arrivo delle infermiere».

Che cosa è successo?

«Nel 1985, dopo una crisi a Ginevra e la tracheotomia che era stata necessaria per sopravvivere, Stephen aveva bisogno di attenzione ventiquattr'ore su ventiquattro. Però le infermiere passavano il tempo a dirgli quanto fosse meraviglioso, e lui ha iniziato a dimenticarsi di noi. Ero depressa, tutto il mio essere si stava sgretolando».

Ma stare con lui è stato solo un sacrificio?

«Era un sacrificio quando vedevo che ero soltanto sfruttata. Ma è stato anche un privilegio, per averlo aiutato a compiere ciò che voleva e per i suoi progressi nella comprensione dei segreti dell'universo».

L'ha sempre sostenuto nella sua carriera?

«Sì, fin dalla luna di miele: siamo andati in un campus americano».

Hawking pensa che troverà la teoria del tutto?

«Lo spera, ma non crede che succederà mentre è in vita».

La fisica era la sua nemica?

«La “dea della fisica” era la mia rivale. Sa, nel nostro matrimonio eravamo in quattro: io, Stephen, la malattia del motoneurone e la fisica, che si prendeva la maggior parte della sua attenzione. Sono una delle vedove della fisica».

Chi sono le vedove della fisica?

«Le donne che hanno perso il marito per la scienza. Come la moglie di Einstein, che la citò nella causa di divorzio. La vita andava avanti, c'erano i bambini, la casa, Stephen da accudire: tutte le responsabilità ricadevano su di me. Ero giovane e oggi, quando ci penso, non so come ho fatto».

Che persona è Hawking?

«È totalmente devoto alla fisica e molto determinato: non vuole perdere tempo e tutto quello che ha lo dedica alla scienza».

Pensa solo alla fisica?

«C'erano interi weekend che lui trascorreva col gomito appoggiato sul ginocchio, il mento sulla sua mano, e pensava, pensava tutto il tempo, coi bambini intorno, le urla, e lui niente. Finché al lunedì mattina mi guardava e con un sorriso splendente mi diceva: “Ho appena risolto un problema di fisica”».

Il fatto che sia ancora vivo...

«Per me è un miracolo».

Hawking però è ateo.

«A 21 anni ti dicono che hai due anni di vita... è dura credere in un Dio misericordioso. Poi certo, nella scienza tutto deve essere provato in termini matematici. E non puoi trovare Dio in una equazione».

Hawking ha detto che potrebbe pensare al suicidio assistito, se diventasse un peso per gli altri. Che ne pensa?

«Non credo si riferisse a se stesso. Ha detto che se uno non volesse più vivere lo si dovrebbe considerare, ma in generale, come diritto di una persona. Ha parlato di chi soffre troppo o crede non abbia più molto da dare ancora: non è il suo caso. Il suicidio assistito non è per lui».

Lei però confessa, nel libro, di avere pensato al suicidio.

«È stato molto tempo fa. Ero talmente disperata, pensavo di essere solo una schiava. Ma avevo i bambini e quindi, ovviamente, non l'ho fatto».

Si è risposata. Ama ancora il suo ex marito?

«Siamo amici, gli sono affezionata perché è il padre dei miei figli. Un padre devoto, che li ama davvero. Ci vediamo spesso, abitiamo vicino».

Siete stati felici?

«Ci sono stati momenti in cui eravamo molto felici, quando i bambini erano piccoli, io ero forte e piena di energia e Stephen riusciva ancora a badare a se stesso, almeno in parte».

Di che cosa è più orgogliosa?

«Dei miei tre figli».

E Hawking?

«Lui del successo, credo».

Che cosa pensate del film?

«Per entrambi è un privilegio che sia stato girato un film su di noi mentre siamo ancora vivi: ci sono degli errori, alcune cose sono state inventate, ma del resto hanno condensato venticinque anni in due ore. E gli attori sono straordinari. Ci ha fatto venire le lacrime agli occhi».

Ma il film è vero?

«Sì, le emozioni sono giuste, è molto forte. Avrei solo voluto che fosse più preciso... Ho chiesto di cancellare le parolacce: troppe, nessuno le diceva allora».

E che cosa ha detto il suo ex marito?

«Che avrebbe preferito più scienza e meno emozioni. Io ho risposto che avrei voluto meno scienza e più emozioni. Ha riso».

Ha detto che la vostra era una «normale famiglia inglese dell'epoca»...

«È vero. A parte il genio e la malattia, che l'hanno resa diversa dalle altre e, alla fine, l'hanno distrutta. Insieme all'arrivo delle infermiere, che in realtà curavano soltanto i loro interessi».

Amore, genio, sofferenza. Che cosa c'è stato di più?

«All'inizio amore, poi genio e alla fine sofferenza. Però l'amore c'era sempre».

Perché il libro e il film

hanno avuto tanto successo?

«Le persone sono affascinate da Stephen e vogliono sapere tutto della sua vita, i dettagli della sua esistenza, perché le sue condizioni fisiche siano così peggiorate. E ora sanno tutto».

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