In Italia 500mila persone soffrono di epilessia Ma ora tornare a una vita normale è possibile

Oggi la medicina classifica più di 50 tipi diversi di epilessia. Sono tremila anni, fin dal tempo dei Babilonesi, che ne vengono studiate le cause. Per ogni caso c'è un percorso e una serie di opzioni terapeutiche e, per la maggioranza dei pazienti, ciò significa una vita normale. Cosa altrettanto importante, la razionalità scientifica ha fatto piazza pulita delle varie superstizioni. Si calcola che in Italia vi siano quasi mezzo milione di persone colpite da epilessia, il che ne fa una delle malattie neurologiche più diffuse. Colpisce tutte le fasce di età, anche se si riscontra una cosiddetta curva a «U»: frequenza più alta nell'infanzia, minore nell'età adulta, poi torna a salire negli anziani, anche per via dell'allungamento della vita.
«Non possiamo certo nascondere un dato importante - dice Giancarlo Di Gennaro, responsabile del Centro per lo studio e la cura dell'epilessia e dei disordini del movimento, dell'Irccs Neuromed di Pozzilli, in provincia di Isernia, in Molise - che la diagnosi di epilessia ha sempre un impatto pesante sulla vita del paziente. La cosa che forse pesa di più è l'imprevedibilità. Sapere che nella propria vita ci possano essere dei momenti che sfuggono completamente al proprio controllo».
E naturalmente arrivano anche i limiti nel condurre una vita piena. La guida dell'automobile, a esempio, le restrizioni sul tipo di lavoro che si può fare, le limitazioni per lo sport. Pezzi di esistenza che vengono erosi.
«Ma non dobbiamo dimenticare che si può fare veramente molto - aggiunge Di Gennaro - I numeri parlano chiaro: i farmaci da soli sono in grado di curare i due terzi delle persone colpite da epilessia. Abbiamo infatti a disposizione sempre nuove possibilità farmacologiche, e questo vuol dire che in moltissimi casi la persona adeguatamente seguita può tornare a condurre una vita normale, anche con la caduta delle restrizioni di legge. In questo ci aiuta molto proprio la legislazione italiana, molto più avanzata che in altri Paesi. La patente, a esempio, può essere restituita se il paziente non ha crisi epilettiche per almeno un anno. In sintesi, dobbiamo avere una visione più positiva di questa malattia. Fino a poche decadi fa c'era ancora lo stigma dell'epilettico, anche se non possiamo negare che esista ancora in alcune fasce culturali. Oggi è una malattia assolutamente uguale alle altre, quindi curabile. E la qualità della vita si avvicina molto a quella delle persone non malate».
L'Irccs Neuromed mette in campo un ventaglio di competenze e professionalità per accompagnare il paziente, dal momento della diagnosi fino allo studio della migliore terapia. «Qui - aggiunge - abbiamo vari livelli di intervento. Si parte da quello ambulatoriale, dove arrivano sia i pazienti con una nuova diagnosi che quelli già seguiti in altri centri. A loro offriamo prima di tutto una diagnostica precisa, condotta con esami elettroencefalografici e risonanza magnetica. Successivamente il paziente, secondo la decisione del nostro specialista, potrà continuare ad essere seguito ambulatorialmente, oppure passerà al secondo livello di intervento, con il ricovero nella nostra unità». Per i circa 650 pazienti epilettici che vengono ricoverati ogni anno al Neuromed le indagini, invece, si fanno più complesse: «La nostra unità permette una monitorizzazione prolungata. Il paziente viene seguito sia attraverso il video che mediante una registrazione 24 ore su 24 dell'elettroencefalogramma.

Lo studiamo per un lungo periodo e, quando compare una crisi, possiamo registrare i suoi movimenti e associarli con l'attività elettrica del cervello. Questo ci permette di affinare la diagnosi e di sciogliere gli eventuali dubbi, soprattutto quando siamo di fronte a eventi improvvisi e di breve durata».

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