L’ITALIA DEI PRIVILEGI

L’ITALIA DEI PRIVILEGI

La crisi? Fatti vostri. Italia in recessione? Parlate per voi. Visto da dentro Palazzo Chigi, il futuro (ma anche il presente...) non è poi così fosco. Per una volta, i flash non vanno puntanti sulla squadra dei tecnici che s’è insediata in via del Corso. È invece negli ingranaggi della macchina esecutiva che si nascondono i vantaggi del far parte, in un modo o nell’altro, nella grande famiglia allargata della Casta. Perché la Fornero piange, ma dirigenti e funzionari della presidenza del Consiglio dei ministri hanno di che sorridere quando aprono la busta paga.
Lo certifica l’Istat: sono i dipendenti di Palazzo Chigi quelli che hanno goduto del più alto incremento di stipendio nel 2010. Sarebbe a dire il 15,2 per cento di aumento sui contratti, più 9,9 per cento a parità di ore lavorate rispetto all’anno precedente. Sette volte e mezzo il rialzo medio degli altri mestieri e professioni, ferme a un misero più 2,1%. Appena sopra al tasso d’inflazione medio annuo che nel 2010 è stato dell’1,5%. Superati, anzi almeno doppiati, tutti gli altri lavoratori sia del pubblico sia del privato. Molto meglio persino di chi non dovrebbe comunque lamentarsi, come giornalisti (+4,7%) e operatori del settore delle telecomunicazioni (+3,7%). Numeri sbalorditivi ai tempi della crisi, tanto che è lo stesso Palazzo Chigi a precisare in serata con una nota: altro che aumento delle retribuzioni, «si tratta di risorse già percepite in seguito a una modifica contrattuale e ad un aumento dell’orario di lavoro». Da 36 a 38 ore settimanali, con uno «spostamento di risorse economiche dalla retribuzione accessoria a quella contrattuale».
Fuori dal burocratese, piove sul bagnato. Per accorgersene basta consultare il sito www.governo.it. È la trasparenza, bellezza. Come voluto dall’ex ministro Renato Brunetta, ecco i dati aggiornati al 2009 su dirigenti e burocrati nome per nome, qui in tutto 184, suddivisi per livello: dai capi dipartimento - apice della carriera nella pubblica amministrazione - ai coordinatori del segretariato generale, fino ai dirigenti di seconda fascia. Quasi nessun vip nell’elenco (a parte Guido Bertolaso, ex sottosegretario e già a guida della Protezione civile, 280.919,41 euro lordi l’anno all’epoca), piuttosto una sfilza di oscuri boiardi di Stato che portano a casa non meno di 65-70mila euro fino a toccare quota 200mila euro, contributi compresi. Il loro trattamento economico si compone di un corollario di voci: la retribuzione di posizione variabile in base all’incarico svolto - la più cospicua - e una parte di retribuzione di risultato.
L’ennesima prova di come l’elefantiaca struttura statale, nonostante gli annunci e il clima improntato all’austerity, non vuole saperne di mettersi a dieta. Anzi, continua a ingrassare. La presidenza del Consiglio già nel 2006 costava agli italiani 3 miliardi e 621 milioni di euro; nel 2010 il fardello per i contribuenti è lievitato a 4,2 miliardi.

Cifre da aggiornare come sempre al rialzo, dal momento che con quest’ultima «rivalutazione» degli stipendi si arriva a sfiorare i 5 miliardi tondi. E mentre la manovra «salva Italia» costringe al palo le pensioni da 1.400 euro in su, con grande spargimento di lacrime governative, i superburocrati di stanza a Palazzo Chigi brindano. E non perché siamo a Natale.

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