Con l’arrivo dell’estate il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli lancia nuovamente l’allarme, questa volta aumentando i numeri. Ad aprile aveva denunciato le difficoltà nel reperire 230mila lavoratori e oggi, meno di tre mesi dopo, la cifra è più che raddoppiata. Mancano 480mila lavoratori soprattutto nei settori che trainano il Pil.
Non solo lo trainano, ma ne segnano un andamento contrario rispetto a quello dell’Eurozona. Quest’ultimo cala per il secondo trimestre di fila aprendo le porte alla recessione tecnica, mentre quello italiano è stimato in crescita dell’1,2%.
La carenza di lavoratori è un problema ormai sistemico accentuato dal fatto che la penuria riguardi soprattutto i settori che trainano l’economia. Ma c’è di peggio.
Mancano i lavoratori e le competenze
Sangalli riporta a galla un altro problema di spessore: l’industria del turismo, del commercio, dei servizi e della logistica dispera di trovare le competenze necessarie e rilancia il tema dell’istruzione e della formazione che devono essere più incentrate sui bisogni delle imprese.
In altre parole, mancano le braccia ma anche le capacità e i contorni sono quelli di un problema di non facile e rapida soluzione.
Le ricadute le ha elencate il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha dato il via il 7 giugno all’assemblea annuale di Confcommercio: “Il commercio, il turismo, i servizi, i trasporti sono comparti che contribuiscono significativamente alla realizzazione di uno sviluppo equilibrato, sostenibile e inclusivo a vantaggio di una società più coesa e delle generazioni presenti e future. Sono settori della vita economica che concorrono al progresso della Repubblica”. Se questo meccanismo si inceppa il motore non gira.
Il calo dei consumi
Il presidente di Confcommercio ha evidenziato anche come l’Italia abbia recuperato terreno, spostando verso l’alto il Pil di 2,5 punti percentuali rispetto al 2019. Risultato reso meno brillante dal calo dei volumi dei consumi e, benché questa osservazione esca dai binari della difficoltà nel reperire manodopera, si va a sommare agli effetti che si temono per il Paese.
Il divario tra Nord e Sud
Le previsioni di crescita economica ampliano le differenze tra Settentrione e Meridione laddove, nel 2023, è atteso un Pil in crescita dello 0,5% rispetto all’1,4% del Nord. Crescita guidata dalla Lombardia (+1,7%) che si contrappone alla crescita zero prevista per la Calabria e la Sardegna.
Dinamiche simili riguardano anche
i consumi che, stando alle previsioni, dovrebbero aumentare dello 0,4% al Sud e dell’1,2% al Nord. In aggiunta, il calo demografico di un milione di persone rispetto al 2019 ha colpito soprattutto il Sud.
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