Esistono delle Zone Blu nel mondo dove il tempo si è fermato. E, no, non sono nuove aree colorate disposte da decreti nazionali per contrastare il Covid.
Questi luoghi, al contrario, ci parlano di benessere e sono l'emblema della longevità dove si custodiscono elisir di lunga vita di uomini e donne che hanno raggiunto o superato i 100 anni in ottimo stato di salute e che ancora vivono in maniera indipendente.
Ma quante sono e dove si trovano queste Zone Blu e perché la scelta di questo colore per identificarle?
Oggi ne contiamo 5 in tutto: in Sardegna, nella zona della Barbagia e dell’Ogliastra, in Grecia, nella piccola isola di Ikaria, in Giappone ad Okinawa, in Costa Rica a Nicoya ed in California a Loma Linda.
Furono gli studiosi Gianni Pes e Michel Poulain che per primi, agli inizi del 2000, dopo aver scoperto in Italia un’area di interesse per la eccezionale longevità dei suoi abitanti, la cerchiarono banalmente con una penna di colore blu (da cui il nome). In seguito il saggista americano Dan Buettner, ispirandosi al loro lavoro e collaborando con il National Geographic, ne individuò di nuove e fondò l’Organizzazione Blu Zones che si dedica a divulgare le lezioni sulla longevità delle culture delle aree blu, anche attraverso i best sellers che l’hanno reso famoso.
Dan Buettner argomenta che il nostro Dna, cioè il patrimonio genetico di ognuno di noi, giocherebbe un ruolo responsabile della longevità non superiore al 20% ed insiste che è l’epigenetica con fattori quali l’alimentazione, l’attività fisica e i legami sociali insieme all’esercizio della spiritualità e allo scopo che si vuole dare alla propria esistenza a fare la vera differenza giocandosi il restante 80% .
Anche il medico francese Vincent Valinducq e la naturopata Angèle Ferreux-Maeght nel viaggio documentario intrapreso attraverso i 5 luoghi delle Zone Blu, andato in onda sull’emittente France 5, condividono la teoria di Buettner ed affermano che se vogliamo vivere a lungo dobbiamo mangiare in modo sano.
E l’elemento più importante da prendere in considerazione per spiegare la longevità degli abitanti delle Zone Blu sarebbe non solo ciò che queste comunità mangiano ma anche e soprattutto quello che non consumano.
E’ ormai chiaro a tutti che una dieta che predilige i vegetali di stagione rispetto all’impiego di carne sia da preferire (come quella che la comunità religiosa degli Avventisti del Settimo Giorno della Zona Blu di Loma Linda in California, ispirata dalla Bibbia, segue) ma è proprio l’assenza di prodotti industriali e raffinati sulle tavole l’aspetto più positivo e salutare che accomuna queste comunità.
Sarebbero infatti i prodotti di piccoli allevamenti allo stato brado e ciò che proviene da orti bio e coltivazioni che non impiegano pesticidi gli alimenti più facili da reperire in queste aree rurali ed isolate.
Così, sorprendentemente, anche i salumi e la carne di maiale, che rappresentano una componente importante della tradizione culinaria sarda che i centenari da sempre consumano, verrebbero qui assolti proprio perché prodotti semplici e nostrani.
E poi bisognerebbe mangiare con moderazione, imitando gli abitanti di Okinawa che praticano l’antichissimo insegnamento confuciano dell’hara hachi bun me (ovvero della pancia piena all’80%) che ci insegna a fermarci un po’ prima di essere sazi al punto di dover allentare cinture e slacciare bottoni che stringono il ventre.
Concedersi non più di due bicchieri di vino al giorno, soprattutto se rosso e ricco di polifenoli ed antiossidanti (come per esempio il vitigno sardo Cannonau) è una pratica da imitare che i centenari della Sardegna ma anche quelli dell’isola di Ikaria in Grecia (con vitigni diversi) condividono.
Importantissima l’attività fisica (moderata) semplicemente praticata con del giardinaggio, delle passeggiate, recandosi a piedi a fare la spesa, svolta con lavori manuali come coltivare la terra e gli orti che quasi tutti posseggono nelle rurali Zone Blu. Stare attivi lavorando fino a tarda età, fino a che c’è energia e desiderio, come nel caso di alcune centenarie greche di Ikaria che tessono il telaio con passione o praticare il ballo di coppia tanto caro ai greci e agli italiani: tutte azioni che concorrono a muovere ed allenare il corpo.
Anche l’attività sessuale è un elemento che aumenterebbe la longevità secondo uno studio pubblicato sul National Library of Medicine che dimostrerebbe un rischio di mortalità ridotta fino al 50% tra gli uomini che la praticano regolarmente. Buettner afferma che ad Ikaria più dell’80 % delle persone tra i 65 e i 100 anni praticherebbe sesso regolarmente (senza l’aiuto di pastiglie blu, confermano gli interessati).
Poi ci sono i legami sociali, una priorità, il vero pilastro sul quale appoggiarsi per costruire il proprio benessere psicofisico. Ed è irrilevante di quale natura essi siano. Mariti, mogli, figli, compagni o amici? Guai alla solitudine e all’isolamento. L’importante è avere qualcuno su cui fare affidamento perché affrontare la vita sapendo di avere un sostegno allontana preoccupazioni e ansie che provocano inevitabilmente stress tanto dannoso per la salute.
I giapponesi di Okinawa ci spiegano l’importanza delle relazioni attraverso il concetto di moai : letteralmente un gruppo di amici di vecchia data e nel senso più generale anche una cerchia di relazioni fidate che fornisce vicendevolmente supporto spirituale, sociale e all’occorrenza anche finanziario. “Originariamente i moai erano costituiti per raccogliere risorse per un intero villaggio per lavori pubblici o progetti. Se un individuo necessitava di capitali per comprare una terra o per una emergenza questo era il modo per ottenerli,” spiega Buettner nei suoi studi sulle Blu Zones.
Infine, tutti ma proprio tutti dovremmo conoscere ed avere il privilegio di praticare quello che i giapponesi di Okinawa definiscono l’ikigai che è il principio informatore del benessere che sottende alla longevità. Google traduce il termine ikigai semplicemente come “ragione di vita” o “ragion d’essere” ma c’è di più. L’ikigai è un’arte di vivere il cui proposito è conoscere il proprio scopo per vivere meglio e più a lungo.
Se volessimo rappresentare graficamente il processo per arrivare a conoscere la nostra missione, potremmo porre l’ìkigai da scoprire al centro di una intersezione intorno alla quale scriveremmo:1) ciò che amiamo, 2)ciò che sappiamo fare bene, 3) ciò per cui il mondo ci necessita e 4) ciò che potremmo fare e per cui potremmo anche essere pagati.
Sembra un rebus ma la soluzione è possibile. Scoprire la nostra ragion d'essere che spesso scaturisce da una passione che ci anima ed è il motore della nostra vita, trovarla ed accenderla significa vivere con gioia, aumentare la propria resilienza, allontanare lo stress impattando positivamente sulla salute e quindi sulla longevità.
Indipendentemente dalla Zona Blu di provenienza, tutti i centenari sembrano aver scoperto il loro ikigai da vivere con la filosofia del "qui e ora" o come si dice a Nigoya in Costa Rica con il motto “Pura Vida”.
La storia di Stamatis Moraitis
, originario di Ikaria, ha dell’incredibile e sembra suffragare la teoria che i fattori che contribuiscono alla longevità sono quelli che poco hanno a che fare con la genetica.Veterano di guerra, giunto a New York nel ’43 si stabilì negli Stati Uniti fino alla diagnosi di un cancro ai polmoni nel 1976. Di fronte a quella che sembrava una sentenza di morte (gli diedero dai 6 ai 9 mesi di vita), egli decise di rientrare con la moglie per morire nella sua isola natale di Ikaria, “perché i funerali negli Stati Uniti erano troppo costosi”. Iniziò a bere vino naturale e non industriale puntualizza (2 o 3 bicchieri al massimo perché "non sono un alcolista", ci tiene a precisare sorridendo) con la moglie in attesa della morte ma “la morte non arrivava” e al contrario cominciò a sentirsi sempre meglio e molti anni passarono: Moraitis non solo era vivo e in salute ma aveva ripreso a coltivare la vigna dove produceva 400 galloni di vino all’anno. Moraitis morì (non di cancro) il 3 febbraio del 2013.
Saranno stati determinanti tutti gli elementi che lui menziona? L’acqua, l’aria, il cibo salutare, l’olio d’oliva, la ritrovata spiritualità, il rinsaldamento dei legami di amicizia, la vicinanza della famiglia di origine, l’attività fisica nel campo, le battute in allegria con gli amici al bar e un bicchere di vino (naturale)?
In tanti, dopo l’esperienza della pandemia stanno valutando di cambiare vita e trasferirsi. Complice lo smart working si considera la possibilità di lasciare le metropoli caotiche per un luogo più a misura d’uomo, segno che si è alla ricerca di uno stile di vita più armonioso.
I centenari non si sono mai sottoposti a diete ed allenamenti estenuanti né si sono sacrificati per raggiungere un’età invidiabile in ottima forma.
Senza ossessioni, quasi inconsapevolmente, essi hanno avuto il privilegio di adottare uno stile di vita in sintonia con un ambiente favorevole dove il tempo non li ha mai dominati ma che al contrario loro hanno imparato a dominare.Forse il vero segreto sta nel “dimenticarsi di morire“ come affermano gli abitanti di Ikaria proprio perché si è felicemente impegnati a vivere.
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