Il 5 luglio 1935, Romain Gary (che ancora non era diventato tale, né Émile Ajar, ma era soltanto Roman Kacew), nato l'8 maggio 1914 a Vilnius, in Lituania, viene naturalizzato francese. Fra Nizza, Aix-en-Provence e Parigi, in Francia viveva già da otto anni. Per quel ragazzo intraprendente e sicuro di sé la nuova nazionalità, più che un premio, una promozione o una scelta di campo, è una sfida, e in parte anche un vincolo al suo spirito libero. Da qualche anno, parallelamente agli studi di giurisprudenza e alla carriera militare, s'era messo a scrivere. Il suo primo racconto, L'Orage, era comparso su Gringoire nel febbraio '35, a firma Roman Kacew, e il secondo, Une petite femme, in maggio, ancora con quella firma, sempre sulla rivista di destra fondata nel '28 da Horace de Carbuccia. Mille franchi a pagina non erano male, e comunque molto più dei 300 franchi mensili che il giovane riceveva dalla madre Mina, gravemente malata di diabete, mentre il padre era in Polonia. Quando però, di lì a poco, Gringoire assume posizioni ostili agli ebrei rifugiatisi in Francia dalla Germania hitleriana, lui, ebreo, scrive una lettera di fuoco alla redazione. Il senso è: il vostro pane non lo mangio.
L'Orage e Une petite femme erano fino a ieri inediti in italiano, come gli altri testi ora nella raccolta Tempesta (Neri Pozza, pagg. 204, euro 15, traduzione di Riccardo Fedriga, da oggi nelle librerie), e sono ottimi esempi del Gary già duramente sensuale che registra la forza incoercibile della natura, della sofferenza, dell'amore. L'Orage, cioè Tempesta, si svolge su un'isola tropicale rinsecchita da un sole che non dà tregua. Il marito, medico, e la moglie Hélène si trovano lì, in un bungalow da quattro anni, in una difficile convivenza con i locali, impiegati nella coltivazione di palme da cocco, e con altri irregolari ospiti stranieri. Tutti attendono il temporale salvifico, ma in quella lotta tra bios (la vita portata dall'acqua dolce) e thanatos, vince quest'ultimo, introdotto da un visitatore venuto da lontano. Tempesta è un piccolo concentrato del De rerum natura lucreziano, e l'autore, come il poeta romano, osserva da lontano, a giochi fatti, il mare in tempesta.
Anche Une petite femme, cioè Una donna minuta, ha al centro una signora. E anche qui l'ambientazione è esotica, l'Annam, Indocina francese, a stretto contatto con il popolo dei Moïs. I bianchi stanno costruendo la ferrovia, lottando con le insidie e l'impenetrabilità della foresta, e i nativi, sospettosi, spiano i loro movimenti. Quando ai bianchi si aggiunge a sorpresa una bianca, moglie dell'amico del narratore, non soltanto saltano gli equilibri del gruppo, scanditi dalla fatica e dalla gerarchia, ma soprattutto la piccola Simone, parigina piena di verve e di iniziative fin troppo conviviali, provoca uno scontro di civiltà.
Mentre Geografia umana, del marzo '42, Dieci anni dopo ovvero la storia più antica del mondo, dell'inverno '67-68, e Sergente Gnama, del gennaio '46 sono intermezzi fra e dopo guerre e ricordi di guerra e di occupazioni in cui emerge il Gary soldato e diplomatico, All'ultimo respiro, datato fra il '68 e il '70 e scritto in inglese, ci mostra il Ramain Gary americano, in un sarcastico noir con persino un tocco di rosa. E dall'inclinazione autobiografica. Infatti il narratore si presenta così prima del confronto generazionale con alcuni ragazzi californiani: «Con i miei capelli grigi, le rughe in faccia, la coccarda di Commendatore della legion d'onore che portavo all'occhiello...». Nel divertente gioco di botta e risposta fra il maturo seduttore e il suo pubblico disinibito, spicca Britt, che ha tutta l'aria della Donna minuta, con una decina d'anni in meno. Ma sotto il motteggio, nell'animo del protagonista ci sono due drammi, la separazione forzata da un amore impossibile, Ilona, e la decisione di farla finita, attuando un piano geniale. Di nuovo, cherchez la femme per venire a capo di tutto, come con Hélène e con Simone.
Infine, con Il greco, collocabile fra il '67 e il '74, si torna al mare. Non più quello infinito ed enigmatico della Tempesta, ma quello struggente, sacro e classico della Grecia. Il greco è più di una novella, è l'abbozzo di un romanzo, forse interrotto dalla fine di una pagina di storia. Durante la dittatura dei colonnelli, il protagonista Billy, nuotatore statunitense dalla resistenza quasi inumana (per lui una ventina di chilometri senza sosta sono l'equivalente delle nostre quattro bracciate) di lavoro fa il ladro: ruba pregiatissimi reperti archeologici ai ricchissimi collezionisti che spadroneggiano fra le isole con le loro ville sontuose, e li consegna a un trafficante tanto losco quanto elegante. Ma questa volta la sua missione è diversa, ha a che fare con la politica, e con un blindatissimo campo di concentramento dove sono reclusi gli oppositori del regime.
Billy avrà la forza e il coraggio di sfidare un nemico dai mille occhi e dalle mille
orecchie per poi, in caso di successo, cambiare vita? Non lo sapremo mai, ma possiamo ipotizzare che, se si fosse trovato al suo posto, anche Romain Gary, con qualche chilo e qualche primavera in meno, ci avrebbe provato.
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