Massimo Malpica - Adalberto Signore
Roma - L’umore non è dei migliori se, giura un fedelissimo di Gianfranco Fini, martedì pomeriggio il presidente della Camera non tratteneva l’irritazione nei confronti del «cognato». «Stasera facciamo i conti», è la parafrasi di molto edulcorata con cui il leader del Fli si è congedato da Montecitorio dopo che l’affaire Montecarlo è tornato alla ribalta. Ed è stato di parola se poco dopo le nove di sera pare che il redde rationem sia davvero andato in scena. Teatro del coloritissimo «chiarimento», proprio l’abitazione del presidente della Camera in quel di Valcannuta. Con urla e strepiti che hanno allietato per una ventina di minuti buoni tutto il vicinato. Tra le quattro mura, Fini, la compagna Elisabetta Tulliani e il «cognato» Giancarlo. Che dopo il diverbio si è allontanato dalla casa - non è dato sapere se sulla ormai celebre Ferrari - piuttosto scosso. Questo raccontano i vicini, certi che il motivo del contendere, con reciproche recriminazioni e parole grosse, fosse proprio la casa di Montecarlo. Un episodio di cui ieri si è pure vociato in Transatlantico visto che dello scontro familiare parla apertamente il deputato del Pdl Lucio Barani che ne avrebbe avuto conferma da un collega del Fli. «Un diverbio che sarebbe stato molto acceso - racconta - a conferma di un certo nervosismo. D’altra parte, se le carte di Saint Lucia metteranno fine a questa farsa Fini dovrà finalmente dimettersi. Purtroppo non senza aver prima portato le istituzioni al ridicolo...».
E che serpeggi una certa agitazione nelle file del Fli lo certifica la rissa quasi sfiorata ieri alla Camera tra Granata e Lo Presti e alcuni leghisti. Per non dire delle accuse lanciate dal Terzo Polo, che in una nota congiunta dei capigruppo al Senato di Fli, Udc, Api e Mpa, ieri hanno attaccato Renato Schifani per l’«immediata calendarizzazione» dell’interrogazione sulle carte di Saint Lucia presentata dal senatore del Pdl Luigi Compagna, ritenuto un segno «del ruolo politico del presidente del Senato, funzionale alle esigenze di maggioranza e governo» e dunque «un’indecenza istituzionale». La replica arriva da Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliarello, che ricordano «agli amici del Terzo Polo» come la procedura per la calendarizzazione dell’atto ispettivo «non coinvolge né i capigruppo né in alcun modo la presidenza del Senato».
Insomma, la tensione sale in attesa che il ministro degli Esteri Franco Frattini, stamattina alle 10, arrivi a Palazzo Madama per rispondere all’interrogazione di Compagna, che chiede «di sapere se e quali atti il presidente del consiglio dei ministri e il ministro in indirizzo abbiano compiuto al fine di verificare la veridicità degli elementi riportati dalla stampa» sull’affaire monegasco, e «se tali elementi siano sufficienti a chiarire definitivamente e in modo rispondente alla verità dei fatti l’intera vicenda». Il tutto mentre le carte di Saint Lucia sono arrivate, ieri, al procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara, che ha immediatamente girato il documento, scritto in inglese, ai traduttori.
L’esito dell’inchiesta interna, avviata a settembre scorso dalle autorità di Saint Lucia, è riassunto in un documento di poche pagine, che ricostruiscono le acrobazie societarie compiute da chi si celava dietro alle off-shore Printemps e Timara per acquistare la casa svenduta da An nel 2008 senza «dare nell’occhio».
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