Luca Signorelli, il pittore che colorò un'epoca

Ispiratore dei maestri del Rinascimento, da Raffaello a Michelangelo, è stato spesso trascurato

Luca Signorelli, il pittore che colorò un'epoca

Abbiamo una legge che ci impone di festeggiare i centenari «secchi». Luca Signorelli è morto nel 1523 e quindi oggi è onorato con una mostra a Cortona, dopo mezzo millennio, un tempo difficile ma anche foriero di gloria, per molte ragioni. Stiamo parlando di un artista nato oggi, un artista che si esprime in modo particolarmente originale e quindi ne parliamo non per quello che ha alle spalle ma per quello che avrà davanti.

Ma che caratteristiche ha Luca Signorelli (1441-45 ca 1523), meglio chiamato Luca da Cortona perché nato a Cortona e che oggi gli amici di Cortona sono felici di celebrare? È stato vicino all'uomo più intelligente del mondo che, prima di Albert Einstein, era Piero della Francesca, cioè un pittore, un matematico, un astronomo, il quale tra l'altro si è molto diffuso perché è stato a Venezia, è stato a Ferrara, è stato nelle Marche, a Urbino. E quindi era l'epicentro di un terremoto che porterà a Raffaello e a Michelangelo. E la sua opera si compie in un capolavoro che è conservato a Brera ma veniva da Urbino, che è una pala d'altare straordinaria, la prima grande pala d'altare in cui i santi sono tutti insieme, con un'architettura meravigliosa che è come il segno del pensiero di Dio da cui poi Raffaello deriverà la sua scuola di Atene, una delle opere più celebri del mondo. Piero della Francesca è un uomo perfetto da cui emana una luce senza fine, una luce e uno spazio, forma, colore, le parole che usava Roberto Longhi per definirlo; e ha vicini due artisti e anche uno piccolino piccolino, a nove anni, ancora più di suo padre, Giovanni Santi, Raffaello, che andava credo in ginocchio dallo zio, nella chiesa di San Bernardino, a guardare quella pala impressionante che mandava luce, opera sublime con uno spazio perfetto, in cui stavano tutti i santi, la Madonna al centro, e, in ginocchio, Federico da Montefeltro, messo lì dentro di forza perché voleva stare in quello spazio solenne, che era uno spazio celeste ma era anche lo spazio del potere, un potere assoluto, un potere in cui cielo e terra convivono ed era lì, in ginocchio, con quelle brutte manacce rustiche, a pregare quella Madonna. Ecco, quel dipinto è stato adorato sicuramente da Raffaello. Raffaello era un bambino precoce, che era nella bottega del padre, e poi va, a 11 anni quando il padre muore, nella bottega del Perugino. Ecco, dico questo perché da Piero emanano due grandi artisti: uno, Perugino, che è un pittore meraviglioso, un po' ripetitivo potrei anche dire, ma nel senso che è molto volto al tema devoto, probabilmente era ateo, quindi adorava in maniera straordinaria le cose del cielo... Madonne... Madonne... qualcuna gli viene meglio, qualcuna peggio però è un artista molto lineare ed è un artista, come dire, lirico, un artista che ha una visione spirituale e quasi passiva. Dall'altra parte, c'è un guerriero che guarda Piero della Francesca e lo interpreta in senso attivo: è l'opposto di Perugino, lo intende in una dimensione drammatica, con un senso di una realtà piena di cose da superare. Sono due anime complementari: l'una intimista e l'altra piena di spirito di azione. Una contemplativa, Perugino, e l'altra così attiva è appunto Signorelli, un grande disegnatore e un artista che ci viene consegnato da Vasari che è un signore nato ad Arezzo, pittore di media importanza ma scrittore meraviglioso delle vite dei suoi colleghi pittori. Ed è lui che scrive una storia in cui qualcuno non è completamente riconosciuto. E quindi poi occorre che il tempo recuperi quello che Vasari ha volutamente dimenticato. Ma non è il caso di Signorelli, che Vasari definisce in un modo particolarmente poetico, per capire una personalità di pieno equilibrio: «Fu Luca persona di ottimi costumi, sincero e amorevole con gli amici (che non capita sempre) e di conversazione dolce e piacevole con ognuno è soprattutto cortese, a chiunque avea bisogno dell'opera sua e facile nell'insegnare ai discepoli».

È quindi sempre trattato con grande rispetto e se vogliamo capire poi quello che gli capita intorno, gli capita di avere degli amici formidabili, come un artista forse grande più di lui che si chiama Bartolomeo della Gatta, che lavora con lui nelle Stanze vaticane, e, in quel luogo in cui voi andate a vedere la Cappella Sistina, alle pareti ci sono tutti questi artisti, ci sono Perugino, c'è Signorelli, c'è Botticelli, c'è Bartolomeo della Gatta. Stanno lì, entrati prima di Michelangelo a lavorare alle pareti con grandi fregi in cui si raccontano, siamo negli anni '80, prima di Michelangelo, quello che poi sarebbe capitato sotto un cielo di stelle dipinto da Pier Matteo di Amelia che viene cancellato da Michelangelo per fare la Cappella Sistina e lì ci sono tutti insieme, dialogano, sono amici, hanno personalità diverse: Bartolomeo della Gatta e Signorelli si trovano a elaborare un linguaggio che è un linguaggio sperimentale in cui si sente forse anche qualche dialogo con l'arte tedesca perché sono spigolosi, sono aspri e sono però tutti illuminati dalla luce di Piero della Francesca.

Tutto questo però non basta. Occorre, dopo una fortuna critica relativamente costante, aspettare l'Ottocento perché, dopo le valutazioni del Vasari, ci sono pittori che, invece di guardare Michelangelo e Raffaello, guardano i pittori che hanno dipinto prima di loro: sono i preraffaelliti, pittori inglesi, anche abbastanza noiosi, per certi versi, i quali come fossero già dei cinematografari, esprimono una emotività, un sentimentalismo e guardano Perugino, Carpaccio, Botticelli e Signorelli. Quindi, ai preraffaelliti dobbiamo il rilancio, in età post romantica, di Signorelli. Alla fine dell'Ottocento i preraffaelliti dicono: «Tocca a Signorelli», e Signorelli diventa di gran moda. Intanto stimola l'attenzione del critico che fonda la disciplina della Storia dell'arte, l'anglosassone di origine lituana che viene dall'America e si stabilisce in Italia: Bernard Berenson, precursore di Tom Henry che è lo studioso che ha dedicato una parte della sua vita agli studi del Rinascimento italiano e, in particolare, a Signorelli. Ecco, da Berenson a Tom Henry. Berenson consacra quello che i preraffaelliti hanno intuito: hanno pensato di tradurre nella loro lingua, decadente, e nella loro pittura, piena di sentimentalismo, quello che viene dall'osservazione di Signorelli e Botticelli, gli artisti più importanti perché chiamano l'attenzione di artisti che hanno una funzione anche critica, cioè sono i primi interpreti moderni di Signorelli. Poi arriva Berenson e quindi si stabilizza la celebrità, l'importanza e il ruolo di Signorelli. Negli anni Cinquanta del Novecento arrivano un po' di frustrati, critici d'arte che non hanno la gloria di Berenson o di Longhi, e arrivano giudizi piuttosto limitativi. Si incomincia a dire «Sì, ma...». «Sì ma, non è così grande», «È discontinuo» e si comincia a ridimensionare Signorelli fino a ridurlo a un artista quasi marginale. E quindi, dagli anni '50, malauguratamente il centenario di allora, ha portato una valutazione diminutiva. Occorreva aspettare la monografia di Tom Henry e questi anni. Qualche anno fa ci fu una piccola mostra di Signorelli al Campidoglio. Ma occorreva l'orgoglio della sua città per dire: Signorelli è Signorelli, è il maestro di Michelangelo, occorre farlo conoscere ai ragazzi. Io mi auguro che questa circostanza consenta di riconsiderare un artista che ha avuto alti e bassi e che viene ora riportato alla sua giusta dimensione, in dialogo con Perugino, potente e drammatico quanto Perugino è più sentimentale e più lirico. Un artista importante, un grande disegnatore. Sono felice che la città di Cortona abbia l'orgoglio di dire: «Signorelli non può rimanere ai margini» e che è al centro di questa tempesta rinascimentale.

Penso ora che, poco lontano da Cortona, a Castiglion Fiorentino, c'è una pala meravigliosa e altri dipinti di Bartolomeo della Gatta e mi auguro che da questa mostra parta il dialogo fra Bartolomeo della Gatta e Signorelli, entrambi creati di Piero della Francesca che non c'è bisogno di ulteriormente onorare perché si onora nella forza con cui ha cambiato la storia dell'arte, in un rinascimento pieno e luminoso. In questa luce si intende bene la grandezza di Signorelli.

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