Premesso che il sangue dei vinti è meritevole sempre di rispetto, tanto più doveroso è applicare il principio a Luisa Ferida (1914-45), attrice cinematografica, stella di magnitudo elevata tra gli anni '30 e '40, ritrovatasi in mezzo ai vinti non per slancio ideologico, ma perché il destino la trascinò in contingenze storiche più grandi di lei. Destino che condivise col compagno d'arte e di vita Osvaldo Valenti, venendo fucilati entrambi a conseguenza di un processo, raffazzonato, che li marchiò dell'etichetta di complici della «Banda Kock», seviziatrice di partigiani. Oggi è acclarato che Ferida fosse del tutto estranea alle accuse, tuttavia innegabile è l'ombra di quel «gioco perverso», la definizione è di Italo Moscati, che spinse la coppia a «flirtare» col fascismo ormai rantolante. Un privato di chiaroscuri, ma il volume della studiosa Paola Zeni L'Amazzone bianca. Luisa Ferida attrice e diva nell'Italia fascista (Mimesis) viene alla luce con altri scopi: scandagliare film per film la carriera dell'attrice aprendo per la prima volta uno squarcio sul suo talento misconosciuto e riconsiderare le pellicole prodotte durante il regime, sottolineando che la filmografia del Ventennio, ben lungi dal limitarsi a una propaganda asfittica, in realtà fu una stagione di forte vivacità creativa.
In questi spazi si muoveva l'«antidiva» Ferida la cui carriera contemplò anche parti comiche, come Animali pazzi al fianco di Totò, ma è in special modo nei drammi che questo «animale pazzo» formato celluloide mostrava la sua bravura. Alessandro Blasetti ne colse il temperamento appieno, ritagliandole il ruolo della contadina ribelle di Un'avventura di Salvator Rosa, della principessa sessualmente ambigua in La corona di ferro e dell'amante vendicativa ne La cena delle beffe. La costante delle sue interpretazioni era l'anticonformismo. Donna fatale a tratti, ma abitata da tormenti interiori.
Certo, i suoi erano sovente ruoli movimentati, creandosi la «nomea di scassatutto, di fulminacristiani», ma in lei si celavano enormi fragilità e finanche presagi della fine tragica, lasciando incolume tuttavia il ricordo di una diva sui generis.
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