Palermo - "Mio padre mi disse che Bernardo Provenzano godeva di una sorta di immunità territoriale per cui, anche da latitante, poteva muoversi liberamente". Lo ha detto Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, deponendo al processo al generale dei carabinieri Mario Mori, accusato di favoreggiamento per la mancata cattura del boss Provenzano. "Questa immunità - ha aggiunto - secondo quanto mi ha spiegato mio padre era garantita da una sorta di accordo alla stipula del quale aveva partecipato proprio mio padre. Accordo che risale al maggio del ’92". Cioè pochi giorni prima della strage di Capaci, in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, e di quella di via D’Amelio, di cui rimase vittima il giudice Paolo Borsellino.
I rapporti con Provenzano "Conosco Provenzano da sempre. Ho ricordi di lui, nelle mie villeggiature estive negli anni ’70, fin da quando ero un ragazzo. Lui e mio padre si conoscevano, anche per rapporti di vicinato, da sempre". Ha detto ancora, deponendo al processo per favoreggiamento agli ufficiali dell’Arma Mario Mori e Mauro Obinu, Ciancimino junior. Il testimone, che ha detto di avere conosciuto il capomafia con il nome di "ingegner Lo Verde", ha scherzosamente ricordato che il padre lo rimproverava di avere risposto male al boss di Corleone, quando era ragazzino, dicendogli: "Tu sei l’unico che è riuscito a dire cornuto a Provenzano".
Arresto annullato in Cassazione "Nel 1990 mio padre si fece annullare l’ordine di carcerazione grazie ai rapporti che aveva in Cassazione". Ciancimino ha fatto un riferimento esplicito, come autorità giudiziaria che annullò la misura, la prima sezione della Cassazione all’epoca presieduta dal giudice Corrado Carnevale.
Gli appalti "Mio padre aveva inventato una specie di sistema di spartizione degli appalti: potremmo chiamarlo il sistema Ciancimino" ha spiegato il figlio dell’ex sindaco di Palermo. "D’accordo con Bernardo Provenzano - ha aggiunto - gli appalti venivano spartiti equamente tra tutti i partiti, in consiglio comunale, a seconda della loro rappresentatività". Poi Ciancimino junior parla dei rapporti con Riina: "Mio padre conosceva Riina da quando erano ragazzi. Tra loro il rapporto è sempre stato teso. Mio padre non lo stimava e preferiva Provenzano".
Gli investimenti su Milano2 "Dopo le inchieste e le denunce della commissione antimafia e il caso della sua querela al capo della polizia, mio padre decise di spostare i suoi investimenti lontano da Palermo". Così ha spiegato Ciancimino nell’aula bunker dell’Ucciardone dicendo che suo padre era in affari con i boss di mafia Salvatore e Antonino Buscemi e Franco Bonura. "Mio padre li chiamava i gemelli. Ricordo negli anni ’60 molte riunioni domenicale al ristorante la Scuderia a Palermo. Quando mio padre era assessore ai lavori pubblici dava indicazioni su un terreno che sarebbe diventato edificabile. Quei guadagni finivano in delle società in cui mio padre era interessato". Negli anni ’70 poi dopo gli accertamenti della commissione antimafia don Vito Ciancimino decide di diversificare. "Alcuni suoi amici di allora, Ciarrapico e Caltagirone, e altri costruttori romani gli dicono di investire in Canada dove sono in preparazione le Olimpiadi di Montreal". Ma anche altri soldi saranno destinati a un altro progetto. "Una grande realizzazione alla periferia di Milano che è stata poi chiamata Milano 2". Ciancimino junior ha spiegato di aver acquisito queste informazioni sia direttamente dal padre sia attraverso la lettura di agende e documenti dello stesso genitore. "Insieme avremmo dovuto fare un memoriale per questo gli chiedevo sempre chiarimenti su qualcosa che ritenevo interessante".
Ghedini: "Pronte azioni legali" "Le dichiarazioni di Ciancimino su Milano Due sono del tutto prive di ogni fondamento fattuale e di ogni logica, e sono smentibili documentalmente in ogni momento", ha ribadito Niccolò Ghedini, avvocato del premier in una nota. "Tutti i flussi finanziari di Milano Due, operazione immobiliare che ancor oggi è da considerarsi una delle migliori realizzazioni nel nostro paese - ha poi aggiunto Ghedini - sono più che trasparenti e sono stati più volte oggetto di accurati controlli e verifiche.
Tutte le risultanze hanno dimostrato la provenienza assolutamente lecita di tutto il denaro impiegato. Argomentare gli asseriti finanziamenti mafiosi è evidentemente diffamatorio, il che - conclude - sarà facilmente comprovabile nelle appropriate sedi giudiziarie".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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