"Il maestro pedofilo? Dovrebbe andare nel buco più profondo dell'inferno"

La requisitoria del pm Marco Ghezzi nel processo contro un insegnate delle elementari accusato di aver molestato otto alunni: «Comportamento di una gravità inaudita, ha tradito la fiducia dei bambini». Chiesta una condanna a 16 anni, domani la sentenza

«Quest'uomo è nefando a tutto tondo, è un museo degli orrori di tutto quello che un maestro non dovrebbe mai fare; il suo comportamento è di una gravità inaudita perché lo ha tenuto per tanto tempo, contro tanti bambini, tradendo la fiducia». Per questo «merita una pena più alta di quella calcolata per uno stupro di gruppo». L'incubo lo ricostruisce il pm Marco Ghezzi nella requisitoria a carico di un insegnante accusato di aver molestato sessualmente 8 bimbi di quarta elementare in una scuola di Quarto Oggiaro chiedendone la condanna a 16 anni di reclusione. Se per il magistrato «Dante lo metterebbe nel buco più basso dell'inferno, accanto a Lucifero», il preside della scuola, imputato dello stesso reato per omessa denuncia, è la «quintessenza dello struzzo che mette la testa sotto la sabbia» e merita, secondo il pm, 8 anni di carcere. In base alle accuse l'insegnante, formalmente incensurato, avrebbe rivolto le proprie attenzioni di carattere sessuale soprattutto ai maschietti, ma una volta avrebbe molestato una bimba disabile. Durante le lezioni spesso li faceva sedere sulle proprie ginocchia dietro la cattedra e li avrebbe palpeggiati. Una volta, rimasto in classe solo con i maschi, li avrebbe incitati a spogliare un loro compagno. Un'altra volta sarebbe arrivato in classe con delle caramelle e avrebbe detto agli alunni «Venite che vi do il Viagra». Episodi che gli sono valsi le imputazioni di maltrattamenti e violenza sessuale aggravata. Il preside, invece, è accusato di non aver preso iniziative quando, nel novembre 2007, gli sarebbero stati segnalati quei comportamenti sospetti prima dall'altra insegnante della classe, poi dalla coppia dei genitori del primo bimbo che ha raccolto il coraggio per confidarsi con loro, poi di un terzo genitore. Risponde dunque di concorso in violenza sessuale aggravata e continuata per omessa denuncia, ovvero per non aver impedito un evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire. Ai genitori che si erano rivolti a lui, il preside aveva risposto pretendendo della documentazione scritta per denunciare i sospetti alla Procura. La situazione si è trascinata fino a quando i genitori hanno deciso di tenere a casa tutti i bambini, eccetto uno. È successo poco prima delle vacanze di Natale. A quel punto il caso è esploso. Oggi, nella sua requisitoria davanti ai giudici della nona sezione penale, Ghezzi ha ripercorso tutta la vicenda, sostenendo che «suscita emozioni estremamente negative nei confronti dell'imputato» e che le «dilungarsi sulle prove a suo carico, il decuplo di quelle necessarie a una condanna, sarebbe come sparare sulla Croce rossa». Secondo il magistrato, in ogni caso, nessuno esce bene da quanto accaduto, eccetto i bambini. «Abbiamo avuto lezioni meravigliose dai bambini - ha detto - che tra loro hanno dimostrato solidarietà, altruismo, spirito di sacrificio», se si considera che vedendo un compagno costretto a salire sulle ginocchia del maestro, c'è stato chi si è offerto di farlo al suo posto pur di tutelarlo. Il maestro si è difeso sostenendo che per lui «quel che è successo è inspiegabile e ha causato un dolore atroce». Nega tutte le accuse, ma secondo il pm le sue dichiarazioni «sono ridicole» dal momento che gli «elementi di prova trovano conforto nelle dichiarazioni anche degli insegnanti di sostegno, dei dipendenti della cooperativa che entravano in classe» per occuparsi della bimba disabile. Persone che lo stesso preside, pur rischiando di inquinare le prove, avrebbe potuto contattare per capire quanto c'era di vero nei sospetti dell'altra maestra e dei genitori. Già, perché secondo Ghezzi una volta messo a conoscenza il preside, che nelle sue funzioni è pubblico ufficiale, «ha il dovere di denunciare e l'unica cosa che può esimerlo è che sia palesemente infondata. La valutazione in ogni caso non spetta al preside, ma all'autorità giudiziaria. È un principio stabilito a tutela delle vittime. Spesso i presidi pretendono di fare indagini. Questo inquina le prove, ma almeno interrompe l'azione. Qui invece non è stato fatto nulla».

Si è limitato a consigliare al presunto pedofilo di mettersi in malattia e adesso rischia un procedimento per truffa ai danni dello Stato. Alla requisitoria hanno assistito quattordici genitori. Ascoltando le parole del pm si tenevano abbracciati. La sentenza è prevista per domani.

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