Vincono i giudici, perdono i pm e (anche) la cattiva politica

La pronuncia della corte siciliana restituisce dignità al potere legislativo, che, volontariamente, pur di danneggiare un avversario politico, se ne era spogliato

Vincono i giudici, perdono i pm e (anche) la cattiva politica
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L'anno va finendo con almeno una buona notizia: un tribunale ha assolto Matteo Salvini. Il paese ha evitato in corner una bruttissima figura dopo un teatrino non certo commendevole. Il fatto di processare il Ministro degli Interni per una operazione di polizia di frontiera già di per sé è stato un capitolo piuttosto ridicolo.

Solo il finale ha riscattato, parzialmente, l'intera vicenda. E, questa volta occorre sottolinearlo per amor di verità, sono stati i giudici a salvare la politica. Il Parlamento della Repubblica aveva votato perché il leader leghista finisse sul banco degli imputati, con il parere favorevole non solo delle sinistre, ma anche dei grillini, allora alleati nel governo giallo verde.

La pronuncia della corte siciliana restituisce dignità al potere legislativo, che, volontariamente, pur di danneggiare un avversario politico, se ne era spogliato.

Insomma, se dobbiamo fare una classifica di chi più ha sbagliato in questa grottesca vicenda, i pubblici ministeri arrivano secondi, le forze politiche che continuano a strumentalizzare la giustizia arrivano di gran lunga prime. Senza rendersi conto di aver ormai superato la soglia dell'autolesionismo evocato dalla famosa immagine dei caponi di Renzo descritti dal Manzoni nei Promessi sposi mentre si beccano tra loro ignari di essere, insieme, sulla via del macello.

La vera buona notizia però è che tentare di dare una risposta alla immigrazione clandestina incontrollata non è un reato nel nostro ordinamento giuridico, ma una essenziale questione a cui ogni Governo è chiamato a dare una risposta, o quantomeno a provarci. Per questo, se la sinistra ha superato spesso la soglia dell'ipocrisia quando si tratta di stabilire un confine tra politica e giustizia, sul campo nell'immigrazione, con una dose anche maggiore della medesima ipocrisia, ha sempre volutamente confuso i buoni sentimenti con la buona politica.

Evocare sentimenti di pietà che tutti gli esseri umani provano di fronte a persone in evidente difficoltà per tacciare le destre di disumanità nel voler dare un ordine ai flussi migratori e' qualcosa di politicamente cinico.

Nasconde l'incapacità di assumersi la responsabilità di tentare almeno di trovare soluzioni possibili, ancorché talvolta dolorose per chi si assume l'onere di metterle in campo. Chi governa infatti deve saper bilanciare diritti e doveri: il diritto all'accoglienza con il dovere di garantire un sicuro equilibrio sociale nel paese. Il dovere di garantire manodopera alla nostra impresa nell'inverno demografico europeo e il diritto ad un lavoro che non risenta del dumping di un flusso migratorio incontrollato.

Questo è il terreno su cui dovrebbe confrontarsi la politica, non l'applicazione di un magistero morale usato per trasformare in orco il Ministro che semplicemente, e, magari anche dolorosamente, sta facendo null'altro che il suo dovere.

Tale atteggiamento viene applicato da certa sinistra moralisteggiante non solo all'esponente di governo, ma anche al singolo cittadino, ove questo lamenti difficoltà della propria vita legate al tema dell'immigrazione: «osi protestare tu? Non vedi che c'è chi sta peggio di te!». Il fatto di avere una casa, magari popolare, un lavoro, anche se poco pagato, di vivere in una nazione che garantisce almeno un minimo di ordine e sicurezza, cancellerebbe il diritto di far valere le proprie prerogative di cittadino. Come se, per occuparsi degli ultimi, la sinistra volesse cancellare i diritti dei penultimi.

Si, perché a fare le spese degli effetti deteriori di una immigrazione incontrollata sono soprattutto le persone e i quartieri più fragili, dove le difficoltà non mancano, anche se certamente inferiori di quelle che attraversano il Mediterraneo sui barconi.

Tuttavia i problemi, gravi, altrui, non cancellano quelli, appena meno gravi, propri. Ed appare surreale che sia proprio la sinistra a stigmatizzare una richiesta legittima trasformandola in un atto di egoismo.

È indubbio che vi sia una correlazione tra immigrazione incontrollata, numero di delitti, percezione di insicurezza e disordine sociale. Ed è altrettanto indubbio che la sicurezza, anche quella percepita, sia il primo diritto che lo Stato deve garantire ad ogni cittadino.

Ora che un

Tribunale, non il Parlamento, ha stabilito che tentare di dare ordine all'immigrazione clandestina non è un reato, mi auguro che certa politica, quella che ha consentito il processo a Palermo, finisca di considerarlo un peccato.

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