Mappa ragionata delle maioliche italiane

Raffinati piatti, ciotole, brocche, vasi, fiasche e saliere, in mostra fino al 17 giugno nel Museo di Roma di Palazzo Braschi, permettono di ripercorrere la storia della maiolica italiana dal XVI al XVII secolo in un fastoso trionfo di colori. L’esposizione, ovvero «La collezione delle maioliche del Petit Palais della città di Parigi. Forme e diverse pitture della maiolica italiana», presenta ben 102 pezzi, tutti donati da importanti collezionisti francesi.
Seguendo i «diversi luoghi» della maiolica italiana, tra cui Urbino, Casteldurante, Deruta, Gubbio, Faenza, scopriamo come alcune di queste località avessero assunto un ruolo centrale nel Cinquecento, specialmente Urbino, grazie al genere «istoriato». Comunque non erano rare le collaborazioni tra diverse città, come testimonia la coppa con «La metamorfosi di Atteone», dipinta da un artista urbinate e poi lustrata a Gubbio nella bottega di Mastro Giorgio Andreoli. I maiolicari, dovendo soddisfare le richieste di una clientela assai varia, dipingevano con la stessa disinvoltura i temi allegorici, mitologici, storici e sacri. È proprio il genere istoriato che apre la sequenza delle tematiche, con opere che attingono dapprima alle stampe raffaellesche, per giungere poi, attraverso il Manierismo, fino ai modelli fiamminghi. Tra i pezzi più rari vi sono due coppe, raffiguranti all’interno una donna con bambino, che venivano date alle puerpere subito dopo il parto, con del brodo e un uovo per tirarle su. Più frequenti sono, invece, le cosiddette «belle donne», ovvero i ritratti idealizzati di donne celebri o anche sconosciute, che ornavano il «vasellame d’amore», commissionato in occasione di un matrimonio come omaggio alla sposa.


Si passa quindi al tema delle decorazioni, attinte per lo più dall’antichità classica. A partire già dal Quattrocento la ceramica viene sempre più concepita come oggetto prezioso, destinato ad essere esposto, più che ad essere portato in tavola.
Orario: da martedì a domenica ore 9-19

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