Marcel in bilico fra ammirazione e pentimento

Proust e D'Annunzio, ovvero incontrarsi (forse) e dirsi addio.

Marcel in bilico fra ammirazione e pentimento

Proust e D'Annunzio, ovvero incontrarsi (forse) e dirsi addio. Se davvero i due scrittori ebbero un vis-à-vis, questo avvenne il 21 maggio 1911, a Parigi, al teatro dello Chatelet, per le prove generali di Le martyre de Saint Sébastien, musicato da Debussy. Quel che è certo è che Marcel si annoiò: scrivendo a Reynaldo Hahn due giorni dopo, parla di «orchestra immensa per questi pochi peti». Tuttavia, trovò perfetto il francese del Vate, il quale in Francia stava vivendo un esilio che si protrarrà fino al '15.

Nell'opera di Proust, il nome di D'Annunzio compare soltanto tre volte, e di sfuggita, in Sodoma e Gomorra. Perché la quarta volta, quella più sostanziosa e interessante, è stata stralciata. Per pure ragioni narratologiche? Anche qui, dobbiamo accontentarci di un «forse»...

La vicenda del D'Annunzio disparue - proprio come Albertine, e curiosamente proprio in Albertine disparue (o La fuggitiva) era collocato il cameo in questione - è singolare. L'11 dicembre 1919, il giorno dopo aver ottenuto il premio Goncourt, Proust pubblica sul Matin un'anticipazione del seguito del suo romanzo in cui compare, destinato al capitolo terzo, Séjour à Venise, un episodio in cui si parla dell'impresa di Fiume, iniziata tre mesi prima. Il 2 settembre 1924, sul Mondo viene pubblicata la traduzione italiana di quel brano, firmata G.S., cioè Giuseppe Sprovieri. Ma Albertine disparue è ancora inedito, poiché uscirà il 30 dicembre del '25 sulla Nouvelle Revue Française.

In un articolo datato 4 luglio 1963, sarà Giovanni Comisso, il quale aveva partecipato all'avventura fiumana, a rispolverare il caso, offrendo a un antico sodale in quel di Fiume, il belga Léon Kochnitzky, l'occasione per precisare che lo scrittore «Marcel», definito dal marchese di Norpois nel brano poi eliminato «pieno di calore per D'Annunzio» fino al punto da paragonare l'esilio del Vate in Francia a quello di Dante, non è da ritenersi Proust, bensì Boulenger. Cioè «l'amico più fedele e devoto che D'Annunzio abbia avuto tra i letterati francesi di grido», dice Kochnitzky. E aggiunge che nella Recherche a quel marchese vengono per solito attribuite parole che esprimono posizioni opposte a quelle del Narratore.

Insomma, riportando i sentimenti di devozione di «Marcel» nei confronti di Gabriele d'Annunzio, Norpois sarebbe stato usato da Proust proprio per... smentirli, se non per metterli alla berlina. «A tutta prima - chiosa Giovanni Balducci nell'introduzione al Soggiorno a Venezia di Proust ora proposto da Luni editrice per la prima volta in volume -, sembrerebbe in effetti di trovarci innanzi ad un escamotage posto in essere dallo scrittore francese al fine di schermare il suo trasporto verso D'Annunzio e, del resto, la successiva purga nell'edizione definitiva può dare adito a congetture circa il ripensamento di un ammiratore per il suo eroe».

Dunque, anche su Proust l'impresa di Fiume e chi ne fu a capo esercitarono un certo fascino, anche se non dal punto di vista estetico, conoscendo i suoi gusti. Ma non fino al punto da accoglierli come ospiti di riguardo nella sua principesca dimora dei ricordi.

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