Occupazione senza fine del centro sociale abusivo: 110 sfratti ma mai lo sgombero

In meno di vent'anni lo sfratto al Leoncavallo, noto centro sociale di Milano, è stato notificato oltre 100 volte. Ma il centro continua con le sue attività illegali nell'indifferenza della giunta Sala

Foto di repertorio
Foto di repertorio

La storia del centro sociale Leoncavallo a Milano sembra non avere fine. In meno di 20 anni sono 110 le notifiche di sfratto consegnate in via Watteau 7, l'ultima ieri 29 giugno, ma nessuna di queste ha avuto seguito. Lo riferisce il Giorno in edicola oggi, sottolineando come le forze dell'ordine non abbiano mai bussato alla porta del Leoncavallo per procedere all'esecuzione. Nonostante l'edificio occupato dal centro sociale sia un bene privato, con una proprietà ben determinata che ne reclama il possesso da anni, non è stato ancora possibile procedere allo sgombero.

Nel corso degli anni si sono susseguiti alcuni tentativi di arrivare a una soluzione ma tutti sono miseramente naufragati in un nulla di fatto. Nella primavera del 2015, il sindaco Giuliano Pisapia aveva provato a metterci una pezza, provando ad arrivare a una transazione che permettesse al Comune di Milano di acquisire gli spazi di via Watteau 7 e in cambio alla proprietà sarebbero andati due edifici comunali, uno in via Trivulzio e in uno via Zama. La proprietà dell'immobile occupato aveva accettato ma il Consiglio comunale bloccò tutto. E dire che il centro sociale si era detto anche disposto a pagare una quota.

A quel punto, con il blocco sopraggiunto in Comune, la proprietà tornò a chiedere il possesso dell'immobile con giuste ragioni, forte di tre sentenze esecutive. Ma a oggi il Leoncavallo continua a occupare illegalmente uno spazio privato e a operare al di là dei paletti della legalità, senza che nessuno intervenga in maniera concreta per restituire l'immobile ai legittimi proprietari. Beppe Sala nel 2019 tentò un escamotage volpino, proponendo per il centro sociale la definizione di "servizio privato/spazi socio culturali e ricreativi". Una definizione contestata da un cittadino vicino alla proprietà dell'immobile perché non sussistono i presupposti e le autorizzazioni per considerare tale il Leoncavallo che, incurante della legge e di qual si voglia regola della civiltà che scandisce la vita di una comunità, prosegue con le sue attività illegali. E lo fa all'interno di una struttura privata, che a causa dell'occupazione non garantisce un reddito ma solamente spese a carico dei legittimi proprietari.

Sulla pagina Facebook del centro sociale è stato pubblicato il calendario degli eventi di luglio, che prevede feste e concerti ogni weekend, il tutto con 110 notifiche di sfratto che nessuno intende eseguire.

La giunta di Beppe Sala tace, quasi fingendo di essersi dimenticata di questo spazio privato occupato, e i centri sociali continuano a dettare legge, come dimostrano le rimostranze del Leoncavallo, che a ottobre ebbe l'ardire di lamentarsi perché la proprietà di un immobile nei pressi di quello occupato decise di buttare giù dei ruderi da loro graffittati per iniziare i lavoro di costruzione di un edificio nuovo. Milano, purtroppo, è anche questo.

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