Dopo quattro mesi di tournèe, a teatri sempre esauriti, lo spettacolo Arsenico e vecchi merletti diretto da Geppy Gleijeses era stato programmato al Teatro Grassi fino al 29 Marzo, protagonisti Giulia Lazzarini e Annamaria Guarnieri e, in attesa che la pandemia finisca, è stato rimandato a Giugno. Queste due grandi interpreti del teatro italiano, diventate due adorabili assassine, felici di ritornare nella loro Milano, debbono starsene rinchiuse in casa, in attesa di tempi migliori. Ho chiesto a Giulia Lazzarini cosa pensasse dell'epidemia del terzo millennio.
«Penso quello che pensano gli altri, che pur essendo qualcosa di misterioso, troverà qualche scienziato pronto a svelarne il mistero e a combatterlo viso a viso. Ciò che mi sento di dire è, che a causa sua, sembra che tutto si sia fermato e che il ritorno alla realtà avverrà quando il teatro riprenderà il suo cammino naturale. Per adesso sto a casa, in attesa delle varie possibilità di recupero dello spettacolo, non solo a Milano, ma anche a Imola e a Cagliari, dove sarebbe dovuta finire la tournée».
Avete fatto ridere mezza Italia con un classico che, a modo suo, utilizza la follia come espediente comico, senza essere delle vere e proprie attrici comiche.
«Per quanto mi riguarda, ho fatto tanto teatro brillante, anche in televisione, insieme a Ernesto Calindri, Alberto Lionello, Lina Volonghi, un teatro costruito sulla leggerezza, sulle invenzioni estemporanee delle quali, attori come Walter Chiari o Lionello erano dei maestri. La comicità del testo di Kesselring, tradotto da Masolino D'Amico, è alquanto surreale. Geppy si è ispirato a Mario Monicelli, con qualche incursione nella commedia all'italiana, condita con elementi farseschi che tanto gli piacciono e che ancora oggi entusiasmano il pubblico».
È stata anche un'occasione per ritornare nel teatro che l'ha vista tante volte protagonista negli spettacoli di Strehler.
«Per me è sempre una grande emozione ritornare al Piccolo, dove sono nata e cresciuta. Le racconto un aneddoto poco noto: nel 1953 feci un provino per il personaggio di Ania nel Giardino dei ciliegi diretto da Strehler, che andò molto bene, ma nessuno del Piccolo mi parlò di «scrittura». Nel frattempo feci a Roma un altro provino, con Visconti, per interpretare la figlia in La rosa tatuata di Tenessee Williams. In quel mentre il Piccolo mi avvertì che ero stata scelta, ma dovetti rinunziare. Accadde, però, che lo spettacolo di Visconti saltò, per motivi sui quali non mi dilungo, e io mi trovai un anno senza lavoro».
Quale spettacolo ha amato di piu?
«Oltre all'Arlecchino che ho recitato, sia con Moretti che con Soleri, ricordo Il Galileo con Buazzelli, ma soprattutto La tempesta. Si tratta di spettacoli che mi hanno aperto un percorso di vita, oltre che professionale. La tempesta mise a dura prova la mia volontà, oltre che la mia pazienza. Ariel sembrava un personaggio impossibile, perché Strehler la voleva incorporea, impalpabile. Inoltre richiedeva perfezioni nei movimenti fino allo spasimo».
Non aveva paura di essere tirata su e giù in maniera velocissima?
«Tutto dipendeva dal macchinista che, in quinta, era l'artefice magico dei miei movimenti».
Che ricordo ha di Strehler?
«Era sempre impaziente, si irritava spesso, ma era generosissimo. Il suo perfezionismo ci rendeva tenaci perché ci portava nella giusta strada, ci faceva sentire tutti intelligenti».
Lei ha avuto un grande successo con «Muri» di Renato Sarti
«Debbo confessare che ho amato molto la testimonianza dell'infermiera che ha attraversato l'insegnamento di Basaglia. Ha lasciato in me un segno indimenticabile.
Che cosa ama, più di tutto, del teatro?
«L'impegno morale, il solo che possa debellare il vuoto culturale di oggi».
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