Stretta del credito, tasse, tempi biblici per i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni. Ecco perché in Lombardia l'edilizia va male, seppure un po' meglio della media nazionale, dove gli investimenti toccano i livelli più bassi degli ultimi 40 anni. Il settimo rapporto sull'industria delle costruzioni lombarde non nasconde le difficoltà del settore. Se nel periodo 2008-2013 la riduzione in tutto lo Stivale ha raggiunto quota 29,9% (53 miliardi di investimenti in meno), in Lombardia è arrivata al 26,8%. Vuol dire 8,3 miliardi persi, soprattutto nel comparto delle nuove costruzioni, dove il dato è -49,4%. Tiene il settore manutenzioni e recupero, con una perdita ferma al 7,5%.
Le case, insomma, non si vendono: dal 2007 al 2012 il numero delle compravendite in terra lombarda si è dimezzato (da 169.792 a 89.377), raggiungendo il punto più basso degli ultimi 18 anni. Succede in modo omogeneo a Milano come nelle altre province, con la punta più alta a Mantova, dove il calo è del 59,3%. E senza domanda, l'offerta delle imprese non può che calare. Il 2013 non promette miglioramenti: mancano le condizioni per la ripresa, gli investimenti scenderanno ancora. Dati negativi che ricadono a cascata sull'occupazione: dall'inizio della crisi alla fine dello scorso anno, secondo l'Istat, si sono persi 47.300 posti, tra dipendenti e autonomi. Il numero delle ore di cassa integrazione, dal 2008, è più che quintuplicato, passando 4,2 a 21,9 milioni. Le imprese sono quasi 6mila in meno. I fallimenti, dal 2009, sono stati 2101, cioè il 20% del totale nazionale.
Un'emorragia grave per un settore che, ha sottolineato il presidente dell'Ance Lombardia Luigi Colombo, «contribuisce al 7,7% del Pil regionale e al 22% del totale occupazionale delle industrie». Per questo, ha aggiunto, «far ripartire l'edilizia vuol dire far ripartire tutto il mercato». Che oggi è frenato dalle scarse possibilità di credito, schiacciato dalle tasse, strozzato dal patto di stabilità, che porta gli Enti locali a bloccare i pagamenti dovuti alle imprese per tenere in ordine i bilanci.
Il «credit crunch» in Lombardia è forte: i prestiti delle banche sono calati del 62% nel comparto non residenziale e dimezzati in quello abitativo. Infatti una domanda di case, non soddisfatta, c'è: i residenti sono aumentati del 7,4%, le famiglie sono oltre 4 milioni, e molte di queste - il Censis le stima in 422mila in tutta Italia - sarebbero propense ad acquistare. Solo che poi non lo fanno, perché non riescono ad accedere ai mutui. «Con la Regione - già con l'ex presidente Formigoni e ora con Maroni - stiamo studiando nuove forme per le giovani coppie, come la possibilità di pagare un affitto che vada poi in conto capitale per il successivo acquisto», spiega Colombo.
Poi c'è l'Imu 538em;">, che per i privati «vuol dire continuare a pagare dopo ave già speso i soldi per comprarla, una casa» e per le imprese «avere un'ulteriore costo anche sul prodotto non venduto. Come se le aziende automobilistiche pagassero il bollo pure sulle auto ferme in negozio».
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