La stagione delle Gallerie d'Italia, i musei di Banca Intesa che in piazza Scala mettono a disposizione del pubblico ricche collezioni su Otto e Novecento, apre la stagione con una mostra particolare. L'evento, dedicato al maestro di scultura neoclassica Antonio Canova, questa volta non riguarda il patrimonio che l'Istituto gestisce in sinergia con Fondazione Cariplo, ma una raccolta di opere appena restaurate e pressocchè inedite che resteranno in mostra fino a quando non partiranno per il Moma di New York. Si tratta di fatto dell'ultima produzione del maestro veneto, ovvero sei bassorilievi in gesso, preparatori delle «Metope» che avrebbero decorato i fregi dorici del tempio progettato per Possagno, la sua città natale.
Allo studio di quei fregi Canova iniziò a lavorare nel dicembre del 1821, e pochi mesi più tardi inviò i primi sette all'Accademia di Venezia affinchè i migliori allievi realizzassero la versione marmorea. Non ce ne fu il tempo perchè nell'ottobre del 1822 l'artista passò a miglior vita. Oggi, dopo lunghissime peripezie, sei bassorilievi raffiguranti scene dell'Antico e Nuovo Testamento sono stati recuperati e, dopo un non facile restauro, sono finalmente esposti in tutto il loro splendore grazie all'intervento di Banca Intesa in partnership con la Soprintendenza di Venezia e in collaborazione con Fondazione Cariplo.
Oltre ai pannelli in gesso, la mostra intitolata «Canova l'ultimo capolavoro» espone anche sette disegni preparatori provenienti dal Museo Civico di Bassano del Grappa.
Ieri, a dare il benvenuto a questa importante testimonianza artistica - a cura di Fernando Mazzocca e Matteo Ceriana - nei saloni delle Gallerie d'Italia ha avuto luogo una performance dei ballerini dell'Accademia della Scala, quasi a voler testimoniare il fil rouge che da sempre legava all'universo tersicoreo l'autore di celebri e soavi sculture come «Danzatrice con i cembali» o «Danzatrice con le mani sui fianchi». L'incompiutezza dell'ambizioso progetto - le «Metope» sarebbero dovute essere in tutto trentadue - rende forse ancor più affascinante il recupero di questi fregi destinati al pronao del tempio, riemersi dagli archivi delle Gallerie dell'Accademia di Venezia e rimasti gravemente danneggiati persino dalle offese dell'acqua alta.
Del resto, alla morte del «novello Fidia» sopravvenuta nell'autuunno del 1822, tutta l'opera relativa al Tempio da costruire a Possagno venne definitivamente abbandonata. Dei sette modelli di Metope, uno finì per essere disperso. Gli altri sei rimasero a Venezia, dove ne furono eseguite alcune copie sempre su gesso. Con il passare del tempo, si perse tuttavia la conoscenza di quelli che erano gli originali e le copie.
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