La sindrome Pisapia: dire no ai militari che difendono la città

Il sindaco accetta solo che le «divise» stiano ferme ma non va bene se le pattuglie girano per Milano

La sindrome Pisapia: dire no ai militari che difendono la città

Non c'è niente da fare, lui i militari per strada proprio non li vuole, non li sopporta. Se per caso incrocia un uomo o una donna in divisa con le stellette sul bavero, Giuliano Pisapia gira la testa dall'altra parte in preda ad una strana sindrome fobica, tipica di certa gente di sinistra, mentre davanti ai suoi occhi passano terribili immagini del Cile di Pinochet o della Grecia dei colonnelli. Roba stravecchia, da anni '70, direte voi. È vero, ma da certe fobie ideologiche non si guarisce: militari per strada uguale golpe, anche se si stratta di soldati in licenza che vanno a trovare la mamma. Fatto sta che Pisapia di quelle pattuglie che lui chiama «ronde», due bersaglieri o due alpini accompagnati da un carabiniere su una camionetta in giro per le strade di un quartiere, di quelle «ronde» il sindaco arancione non vuole proprio saperne.

Ora sembra, però, che i fattacci degli ultimi mesi, il diffuso senso di insicurezza e le proteste della gente lo abbiano costretto a una piccolissima retromarcia, un imbarazzante capolavoro di ipocrisia: «Ho sempre detto… che non siamo assolutamente contrari all'esercito in presidi fissi, anzi abbiamo chiesto che ci sia, perché è utile alla città e consente a carabinieri, poliziotti e vigili di pattugliare meglio la città». Colpa del governo Berlusconi - naturalmente! - se questo ripiego non è stato consentito. Quindi sì a militari, ad esempio, davanti al palazzo di Giustizia o alla Prefettura o al consolato degli Stati Uniti - ma non ci sono già i carabinieri? - e non per strada. Dove tuttavia continueremo a non vedere un vigile urbano o un poliziotto in più, di quelli che, secondo Pisapia, verrebbero disimpegnati dall'impiego di militari come piantoni davanti a uffici pubblici e «obiettivi sensibili».

Proprio come non li vedevamo quando, con le giunte precedenti, la rassicurante presenza pattuglie di soldati nelle strade della città non era considerata una provocazione antidemocratica. Ma dava alla gente un senso di accudimento, faceva sentire meno isolata la signora che rientrava a casa col buio mentre esercitava un certo potere di dissuasione sulle bande di ragazzotti a quell'ora in vena di vandalismi. Adesso invece, secondo le modalità d'impiego proposte da Pisapia, i cosiddetti «presidi fissi», i soldati sarebbero condannati per ore all'immobilità, all'inattività più deprimente, sognando infine di tornare al più presto in Afghanistan, in Libano o in Kosovo, dove si sentirebbero più utili. Il fatto è che una certa sinistra, quella che ha sempre irriso al problema della sicurezza considerandolo di ispirazione reazionaria, non ha mai capito che quando si parla di sicurezza ci si riferisce anche ad una percezione generale, ad una sensazione collettiva, ad uno stato d'animo diffuso e non tanto a dati oggettivi più o meno attendibili, a statistiche sul numero dei reati (quali?).

Ecco, alla maggioranza dei cittadini, specialmente i più esposti come gli anziani e le donne, veder passare la camionetta dell'esercito dà una

sensazione di maggiore sicurezza. Vedere due soldati in piedi all'ingresso del consolato di Russia, invece, li lascia indifferenti. Ma che ci volete fare: le allucinazioni ideologiche sono faccende complicate.

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