Mentre le città si ripopolano con i rientri dalle vacanze, in Lombardia, dopo qualche giorno di tregua, si torna a morire di coronavirus. Nella giornata di ieri, infatti, nella nostra regione non solo ci sono stati 235 i nuovi contagi (di cui 30 debolmente positivi e 7 a seguito di test sierologico, in tutto, però, 59 in meno rispetto a sabato) ma si sono registrati tre decessi e due nuovi ricoverati in terapia intensiva (20 in tutto) con un numero totale di vittime che, dall'inizio del contagio, sale a quota 16mila863.
Così, nonostante si continuino a fare molti tamponi (ieri, domenica, sono stati quasi 13mila) i dati sull'emergenza sanitaria tengono alta l'allerta e la paura. E il ripopolamento delle zone urbane al termine di quello che, per antonomasia, segna da sempre la fine delle ferie estive degli italiani - gli ultimi giorni del mese di agosto e i primi di settembre - crea ancora più apprensione nel timore che ulteriori nuovi contagi possano svilupparsi proprio a causa del controesodo.
È vero: continua a salire la cifra dei guariti e dei dimessi che complessivamente ieri erano 76mila248 (+48). Tuttavia, dopo il recentissimo focolaio nella Rsa di via Quarenghi, al Gallaratese, con 26 ospiti risultati positiìvi, anche se l'epidemia sembra avere un impatto attenuato rispetto ad aprile e maggio quando furono centinaia i nonni vittime del virus, nelle residenze sanitarie assistenziali si riaffaccia il timore dei contagi.
«Ci vogliono screening regolari e programmati, ma anche strutture dedicate» afferma la consigliera regionale del Pd, Carmela Rozza, intervenendo in merito alla gestione dei pazienti sintomatici delle case di riposo e alle dichiarazioni rilasciate da Uneba Lombardia, l'Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale che, proprio nei giorni scorsi, a Bergamo, attraverso il proprio presidente Fabrizio Ondei, aveva sollecitato screening continui e analitici nei confronti degli anziani ospiti delle Rsa.
«Condividiamo le preoccupazioni di Uneba sulla gestione e il monitoraggio degli anziani ricoverati nelle case di riposo - insiste la consigliera regionale del Pd -, però vogliamo sottolineare che Regione Lombardia che a marzo ha trasformato le Rsa in luoghi di morte, oggi le continua a lasciare in una situazione assai scomoda, non avendo ancora approntato strutture adeguate».
«Le persone infette non possono rimanere nelle case di cura che non sono adeguatamente attrezzate e il personale che cura i pazienti
positivi non può curare anche gli altri - conclude Rozza -. I reparti infettivi sono fatti apposta per essere isolati dagli altri. Ci auguriamo che il caso della Quarenghi rimanga a sé, ma purtroppo non possiamo escluderlo».
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