Non c'è pace per i fedeli americani amanti della cosiddetta Messa in latino. Dopo le diocesi di Chicago e Savannah, infatti, anche a Washington sono state emanate norme fortemente restrittive che entreranno in vigore dal 21 settembre in poi. Venerdì scorso l'arcivescovo Wilton Gregory, fatto cardinale da papa Francesco nel 2020, ha pubblicato una lettera ai sacerdoti nella quale sono state pubblicate le linee guida per l'attuazione di Traditionis Custodes, il motu proprio entrato in vigore circa un anno fa. Con questo documento, Francesco ha ristretto la liberalizzazione del Messale Romano edito da Giovanni XXIII nel 1962 voluta dal suo predecessore Benedetto XVI con il Summorum pontificum del 2007.
Traditionis Custodes prevedeva che al "vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa particolare a lui affidata, spetta regolare le celebrazioni liturgiche nella propria diocesi". Così, il cardinale Gregory ha disposto che la celebrazione in forma straordinaria del rito romano sia relegata in tre chiese non parrocchiali e solo di domenica. Per ordine dell'arcivescovo, inoltre, l'eucarestia sarà l'unico sacramento che potrà essere celebrato secondo il Messale Romano del 1961. Quindi, niente più battesimi e matrimoni in forma straordinaria, così come non saranno più consentite Messe di Natale e Pasqua.
Questo pugno di ferro sembra destinato a far scomparire realtà come quella, ad esempio, della chiesa di St. Mary Mother of God a Chinatown caduta in stato di abbandono negli anni '70 e rivitalizzata proprio quando vi trovò ospitalità una delle prime comunità americane di fedeli amanti della Messa tridentina. Adesso, invece, le uniche celebrazioni ammesse saranno di domenica in un monastero francescano a Washington e in due chiese periferiche nel Maryland. Una decisione dalle inevitabili conseguenze per i circa 1.200 fedeli che frequentavano queste funzioni ogni settimana nell'arcidiocesi.
Non sono bastati gli appelli rivolti a Gregory da gruppi di fedeli, da chierichetti e nemmeno quello di una donna che durante una sessione sinodale di ascolto avrebbe avrebbe implorato l'arcivescovo con queste parole: "Ho appena seppellito mio marito due giorni fa, per favore non farmi perdere la mia parrocchia". Nella sua lettera ai sacerdoti e ai fedeli, il porporato statunitense ha usato parole al miele per le comunità fiorite sull'onda della promulgazione del Summorum pontificum dicendo che "la maggior parte dei fedeli che partecipano a queste celebrazioni liturgiche nell'arcidiocesi di Washington sono sinceri, pieni di fede e ben intenzionati. Allo stesso modo, la maggior parte dei sacerdoti che celebrano queste liturgie stanno facendo del loro meglio per rispondere pastoralmente ai bisogni dei fedeli". E tuttavia, questo riconoscimento non lo ha fatto desistere dalla decisione di adottare linee guida così rigide per l'attuazione del Traditionis Custodes.
Quella di Washington è una arcidiocesi di una certa importanza dal momento che può vantare tra i suoi fedeli colui che è probabilmente l'uomo più potente del mondo, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Nonostante sia cattolico dichiarato, l'esponente dem si è fatto promotore in questi anni di posizioni pro-aborto e per questo motivo ha dato vita ad un vivace dibattito all'interno dell'episcopato a stelle e strisce sull'opportunità o meno di dargli l'eucarestia. Il cardinale Gregory ha criticato il suo parrocchiano Biden per il sostegno all'agenda pro-choice, dicendo che il presidente non dà prova dell'insegnamento cattolico. Al tempo stesso, però, prima di insediarsi aveva detto che non gli avrebbe negato la comunione.
Una posizione che gli è valsa le critiche dei settori meno liberal del cattolicesimo statunitense alle quali, in queste ore, si stanno aggiungendo quelle per le restrizioni imposte sulle celebrazioni della cosiddetta Messa tridentina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.