Quella esplosa in questi giorni su Fincantieri non è che l'ultima puntata, in ordine di tempo, della "guerra" economico-finanziaria tra Italia e Francia che ha visto finora quasi sempre i cugini d'Oltrape fare 'shopping' di aziende italiane: prima nel settore della moda e più recentemente nelle comunicazioni (Tim) e nella Tv con lo scontro Vivendi-Mediaset. Per quanto riguarda quest'ultima, la parola fine è ancora tutta da scrivere e investe anche il piano giudiziario. Inizia con un accordo per lo sviluppo di nuovi progetti industriali su scala internazionale di Mediset Premium e il contemporaneo scambio reciproco di un pacchetto di azioni pari al 3,5%. Con quel contratto, il gruppo francese si impegna all'acquisto della pay tv del Biscione.
Successivamente Vivendi comunica di non voler più rispettare l'accordo. Mediaset annuncia quindi una serie di azioni "a tutela della società" e Fininvest, primo azionista di Mediaset, deposita al Tribunale di Milano un atto di citazione e chiede un risarcimento danni non inferiore a 570 milioni di euro. La risposta di Vivendi parte dalla Borsa: acquista titoli Mediaset e si porta al 28,8% del capitale e al 29,94% dei diritti di voto, a un soffio dalla soglia del 30% dopo la quale scatta l'obbligo di opa. Lo shopping costa ai francesi 1,3 miliardi di euro circa. Sempre nello stesso arco temporale, Fininvest rafforza la propria posizione portandosi quasi al 40% del capitale di Mediaset. Si apre l'indagine della magistratura e la Procura di Milano indaga i vertici di Vivendì Bollorè e Arnaud de Puyfontaine, per aggiotaggio.
Proprio Bollorè è uno dei maggiori protagonisti degli interessi francesi per l'Italia: da Mediobanca a Generali, ai legami con Ligresti, fino a Tim, Bollorè vanta un patrimonio di 4,7 miliardi di dollari ed è al 248mo posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo. E, sempre con Vivendi, entra nell'azionariato di Tim con il 23,94%, sotto la soglia del 25% oltre la quale scatterebbe l'obbligo di Opa. I primi 'scontrì tra Italia e Francia risalgono però a molti anni addietro: nel 2000 Fiat decide di tirarsi fuori dal settore ferroviario e vende Fiat Ferroviaria ad Alstom che oggi produce, tra gli altri treni, per Italo a Savigliano, in provincia di Cuneo. Ma quelli sono anche gli anni degli 'assaltì al made in Italy: da Poltrona Frau a Fendi, dal 1999 nell'orbita di Lvmh. Dapprima Bernard Arnault acquista il 51% della casa di moda romana insieme a Prada, poi i francesi rilevano anche la quota del gruppo milanese. E di Lvmh dal 2000 è anche Pucci e dal 2011 Bulgari e poi ancora l'80% di Loro Piana passato di mano al prezzo record di 2 miliardi di dollari. In Francia anche Gucci: il marchio fiorentino è del gruppo francese Kering (ex Ppr, che fa capo a Francois Henri Pinault), che strappò l'acquisto a Lvmh nel 2004 con una maxi opa. Con Gucci, Kering possiede anche Bottega Veneta, Sergio Rossi e le ceramiche toscane di Richard Ginori. E dello stesso gruppo è anche Brioni: il marchio del lusso maschile, celebre per avere vestito James Bond. E ancora, Pomellato passato di mano per circa 300 milioni di euro.
Nel febbraio 2006, a seguito dell'annullamento dell'Opa di Unipol, il Gruppo Bnp Paribas manifesta l'intenzione di acquisire Bnl. L'Offerta di acquisto viene salutata con favore dal presidente Luigi Abete e convalidata dagli organismi regolatori: l'acquisizione viene portata a termine. Nel 2007, a seguito della fusione tra Sanpaolo Imi e Banca Intesa, per motivi antitrust Intesa Sanpaolo cede il controllo delle banche al dettaglio Cariparma e Banca Popolare FriulAdria (654 sportelli in tutto) a Credit Agricole, già azionista della banca italiana fin dal 1990. Sempre lo stesso anno Generali accetta l'offerta di Groupama, socio del patto di Mediobanca, a sua volta azionista di maggioranza a Trieste (con il 15,8%), per l'acquisto del 100% di Nuova Tirrena per 1,25 miliardi di euro, generando una plusvalenza di circa 240 milioni.
Nuova Tirrena era una compagnia del gruppo Toro specializzata nei rami danni con una raccolta di 814 milioni. La cessione di Nuova Tirrena avviene interamente per contanti sulla base di un multiplo implicito di 2,4 per embedded value, a premio rispetto a quello pagato per l'acquisizione del gruppo Toro, di cui Nuova Tirrena faceva parte. Successivamente è un pezzo di made in Italy nell'agroalimentare a passare sotto insegne francesi: è Eridania Italia, società leader nel settore zucchero italiano. E anche la grande distribuzione non è rimasta immune dall'avanzata francese, presa d'assalto dai vari Carrefour, Castorama, Auchan e Leroy-Merlin. E sempre ai francesi negli anni è andata anche Parmalat passata a Lactalis dopo 6 mesi di aspra battaglia; oltre a Moncler finita nell'area di Eurazeo. Nel 2016 Suez diventa primo azionista privato dell'utility romana Acea. Il gruppo aumenta la sua partecipazione nella società capitolina dei servizi ambientali, passando dal 12,4 al 23%, grazie all'acquisto di azioni dal gruppo Caltagirone.
L'affare proietta i francesi come primo socio privato di Acea, dietro al Comune che ha la maggioranza assoluta. Molti anche gli acquisti mancati, da Fonsai, su cui c'erano le mire di Groupama, a Pioneer per cui si erano fatti avanti Amundi e Natixis per rilevare la società di gestioni patrimoniali di Unicredit- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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