Il "fixer" che accompagnava Sotloff in Siria ricorda il rapimento alla Cnn

15 uomini, dice in un'intervista, li sequestrarono appena passato il confine. E agli Usa: non mi hanno mai contattato. Ho cercato di aiutare

Il giornalista Steven Sotloff, in una foto scattata in Egitto, davanti alla Sfinge
Il giornalista Steven Sotloff, in una foto scattata in Egitto, davanti alla Sfinge

"Ero molto arrabbiato. Poi, quando mi sono calmato, mi sono sentito incredibilmente dispiaciuto. Ho scritto un messaggio su facebook per dire alla madre del mio dispiacere. Ho fatto del mio meglio per salvarlo. Sono dispiaciuto come se avessi perso un fratello".

Così Yosef Abobaker, il fixer che accompagnava Steven Sotloff in Siria, racconta in un'intervista alla Cnn i momenti immediatamente successivi all'uccisione del giornalista americano Steven Sotloff, giustiziato dagli uomini del cosiddetto Stato islamico, che della sua morte hanno girato un video, diffuso in rete con il titolo "Un secondo messaggio all'America".

Abobaker lavorava con Sotloff come fixer, ricoprendo quel ruolo, fondamentale per i giornalisti che lavorano a una storia all'estero, i cui compiti spaziano dall'organizzazione di interviste alla traduzione. Un lavoro che aveva già svolto in passato, come ricorda l'emittente statunitense, che cita l'opinione di diverse giornalisti con cui aveva avuto a che fare nei diciotto mesi precedenti, che lo ritengono affidabile.

Abobaker era con Sotloff nel momento in cui il giornalista fu rapito, una volta passato il confine siriano. Racconta di una quindicina di uomini mascherati - che ritiene fossero membri dello Stato islamico - a bordo di tre automobili, che sequestrarono lui, il giornalista e tre guardie armate ad agosto 2013.

"Ho cercato di aiutare", spiega il fixer alla Cnn, accusando le autorità statunitensi di non essersi mai messe in contatto con lui. Un'accusa ribadita anche dal portavoce della famiglia Sotloff. I parenti del giornalista hanno detto alcuni giorni fa alla stampa che un funzionario della Casa Bianca li avrebbe dissuasi dall'idea di pagare il riscatto chiesto per la liberazione, dicendo loro che rischiavano un processo. Gli Stati Uniti, la cui politica è di non cedere alle richieste dei sequestratori in nessun caso, hanno smentito la tesi nei giorni scorsi.

Secondo Yosef Abobaker, a "tradire" Steven Sotloff potrebbe essere stata una guardia impegnata alla frontiera tra Turchia e Siria. Il rapimento avvenne a soli venti minuti dall'ingresso del giornalista nel Paese martoriato dalla guerra civile.

"Eravamo in quattro, contro quindici persone", spiega il fixer, ricordando il sequestro. Un numero impari, che rese impossibile difendersi.

Lui e le tre persone che lo accompagnavano come guardie armate, un fratello e due cugini, vennero liberati dopo quindici giorni. Steven Sotloff ricomparve dopo un anno, nel video dell'esecuzione di James Foley. Il due settembre scorso è stato poi diffuso il filmato in cui se ne mostra l'uccisione.

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