Aveva 45 anni il giornalista olandese Jeroen Oerlemans, stroncato dal tiro di un cecchino mentre faceva il suo lavoro a Sirte, città libica dove le milizie di Misurata combattono ancora per ricacciare indietro gli ultimi uomini dell'Isis.
Un uomo del sedicente Stato islamico ha strappato la vita al giornalista, sul campo con un team di sminatori che stava ripulendo la città, in un'area solo di recente strappata al controllo dei jihadisti.
Da tempo Oerlemans seguiva le vicende legate al Califfato. Nel 2012 era stato rapito e ferito in Siria, dove si trovava insieme al fotografo John Cantlie, per essere rilasciato una settimana dopo.
Nessuno dei due ha poi avuto una sorte felice. Oerlemans è morto in Libia, Cantlie, nelle mani dell'Isis, è da tempo utilizzato dai jihadisti, in video e articoli pubblicati dalla macchina della propaganda e in cui - si ritiene perché costretto - spiega al mondo il "punto di vista" dei miliziani che si riconoscono nella bandiera nera di Abu Bakr al-Baghdadi.
Oerlemans non era certo un novellino. Aveva lavorato in Afghanistan, in Siria e in Libia e scritto a lungo anche dei flussi migratori verso l'Europa.
A confermare il suo decesso il magazine belga Knack, una delle testate per cui stava lavorando, inviando reportage dalla Libia."Era guidato dalla necessità di raccontare i luoghi caldi del mondo - ha detto, ricordandolo, il ministro degli Esteri olandese, Bert Koenders -. È molto triste che per questo abbia pagato il prezzo più alto".
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