Iraq, scatta l'offensiva per la città martire degli yazidi

I peshmerga combattono per la città controllata dallo Stato islamico. Il comandante: "Avanti fino a cacciarli"

Attacco aereo alleato a Sinjar
Attacco aereo alleato a Sinjar

Il rombo pauroso dei caccia alleati si fa sempre più vicino e minaccioso nel buio fitto della notte. I combattenti curdi sono appiccicati ai sacchetti di sabbia delle trincee che dominano Sinjar, la città martire irachena occupata dalle bandiere nere. Il sibilo mortale della bomba sganciata dall’aereo fende l’aria e sembra passarti sopra la testa. Pochi secondi dopo una palla di fuoco illumina di rosso gli scheletri in cemento delle case. I boati a catena delle esplosioni segnano il ritmo dei bombardamenti martellanti delle ultime settimane e della scorsa notte. Da qualche parte sulle colline una squadra dei corpi speciali americani guida i raid dal cielo.

È iniziata così, nel buio rischiarato a giorno dai bombardamenti, l’attacco di 10mila Peshmerga contro le postazioni dello Stato islamico nella città martire irachena nel nord ovest del paese, ad una manciata di chilometri dalla Siria.
Da Sinjar gli abitanti della minoranza religiosa yazida di 30mila anime erano fuggiti nell’agosto dello scorso anno. Ben 8mila sono stati massacrati o presi in ostaggio come schiavi dagli uomini neri dello Stato islamico, che li bollano come adoratori del diavolo.

Nelle ultime ore è iniziata la riscossa con l’operazione “Sinjar libera”, la più importante offensiva nel nord dell’Iraq dall’avanzata del Califfo dello scorso anno.

“L’ora zero è giunta - ha dichiarato il generale Izzedin Sa’din Saleh, che comanda le operazioni in prima linea - Non ci fermeremo fino ad aver cacciato tutti i terroristi dalla città” ridotta ad un cumulo di macerie dai combattimenti. Fra gli scheletri in cemento armato sarebbero annidati almeno 500 jihadisti comprese unità di afghani votate alla morte. L’offensiva è partita con una manovra a tenaglia sui due fianchi. Da Est la 4° brigata avanza da Ardan verso la città martire. Da Ovest i carri armati curdi corrono nel deserto per bloccare la principale arteria di rifornimento delle bandiere nere dalla Siria. Una strada strategica chiamata in codice dagli americani Santa Fè. Una volta conclusa la mossa a tenaglia i corpi speciali dei Peshmerga e le unità della 12° brigata, assieme ai miliziani curdi provenienti dalla Siria, sfonderanno lo schieramento al centro. L’attacco finale si infilerà nei ruderi fra il Castelletto, la parte antica della città e la collina con il serbatoio dell’acqua bucherellato dalla guerra di trincea. Se riusciranno a passare irromperanno nella città fantasma.

Sul fronte combattono spalla a spalla curdi, yazidi e cristiani, come Gadir Isa, che dietro i sacchetti di sabbia ti mostra le immagini di Gesù, la Madonna e Giovanni Paolo II conservate gelosamente sul telefonino.

La liberazione di Sinjar non sarebbe solo una vittoria simbolica per vendicare il massacro degli yazidi, ma strategica.

Se l’offensiva avrà successo il Califfato verrò tagliato in due con la parte irachena praticamente isolata da quella siriana. La dimostrazione che il Califfo si può battere ed il primo passo verso l’assedio di Mosul, la “capitale” dello Stato islamico.

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