A un mese dalla visita del Papa in Centrafrica continua l'orrore

Mancano solo 30 giorni alla visita del Papa in Repubblica Centrafricana, ma nel Paese proseguono i combattimenti e le stragi e nel mirino delle milizie sono finiti anche gli operatori umanitari

A un mese dalla visita del Papa in Centrafrica continua l'orrore

Manca solo un mese al viaggio di Papa Francesco in Africa:Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana. Questi i paesi che toccherà il Pontefice durante il suo viaggio, ma l'attenzione è tutta riposta a quella che sarà la visita a Bangui. In Centrafrica infatti la guerra perdura. Nel 2012 lo scoppio delle ostilità, poi un susseguirsi di cessate il fuoco mai rispettati, la deriva del conflitto in una guerra combattuta casa per casa, e lo scontro civile che si è metamorfizzato in un vortice di odio etnico e religioso. Tanti fronti quante le confessioni . Seleka musulmani da un lato, Anti-Balaka dall'altro, stragi e rappresaglie, violenze ed esecuzioni indiscriminate. La morte come un imperativo di condotta, l'odio un'eterna tautologia esistenziale.

La notizia espressa in settimana dal Presidente Catherine Samba Panza che le elezioni si terranno, e precisamente il 13 dicembre, è stata accompagnata da un rimpasto governativo, ma i tentativi di un processo di pacificazione naufragano come messaggi in bottiglia alla deriva nelle maree dello scontro.

Gli ultimi episodi di violenza stanno caratterizzando la quotidianità centrafricana. Dapprima una rappresentanza diplomatica di un'ala della coalizione Seleka è stata attaccata da miliziani cristiani a Bangui, poi nella capitale si sono innescate rappresaglie e saccheggi. Chiese date alle fiamme, combattimenti casa per casa e interi quartieri abbandonati. Il numero dei profughi è in aumento e nel mirino dei combattenti sono finiti anche gli operatori umanitari.

Ecco dunque che gli interrogativi sull'esito della visita del Papa faticano a trovare risposte. La volontà di Francesco di mostrarsi in prima linea nel portare un messaggio pacificatore verrà compresa e ascoltata, oppure la presenza della massima autorità religiosa potrà essere motivo di risentimento per le frange più estremiste?

Certezze sul futuro centrafricano ad oggi non se ne hanno se non quelle dei bollettini di

fine giornata. Un ciclico conteggio di morti e feriti, in un Paese che costantemente invoca Dio: è sulla bocca delle vittime che anelano una tardiva pietà e nelle benedizioni dei kalashnikov, all'alba di un nuovo massacro.

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