"Mimetica, empatia: ecco perché è efficace"

Intervista al sociologo Fausto Colombo dell'Università Cattolica di Milano: "Zelensky riesce a stabilire una vicinanza con l'ascoltatore"

"Mimetica, empatia: ecco perché è efficace"

Per capire davvero, fino in fondo, il discorso del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Montecitorio, va non solo ascoltato, ma anche visto. L'abbiamo fatto con Fausto Colombo, docente di Media e Politica all'Università Cattolica di Milano, dove è anche Prorettore.

Professore, cosa ci ha detto davvero Zelensky, oltre le parole che abbiamo ascoltato?

«Una cosa ce l'ha detta presentandosi in mimetica, come fa ormai dall'inizio della guerra: in maglietta o camicia verdone. È ormai la sua "divisa", e non solo nel senso militare del termine. Così abbigliato Zelensky marca il fatto di essere rimasto lì, in Ucraina, assieme al suo popolo. Un messaggio molto importante e molto efficace».

Fausto Colombo
Il prof. Fausto Colombo

E poi cosa ci ha detto, oltre il «testo» che abbiamo ascoltato?

«Al netto della traduzione, che ci ha fatto perdere alcune pause e intonazioni, ciò che è "passato" è una forte emotività, come è nello stile di Zelensky. In tutte le sue uscite pubbliche, nei suoi discorsi, ha sempre puntato su una forte "prossimità", cioè una vicinanza con l'ascoltatore. Come se dicesse: "Io vi parlo come un vicino, come il vostro prossimo". Lo fa nei collegamenti con i parlamenti e lo fa in Ucraina quando va a trovare i feriti negli ospedali, quando si fa i selfie con la sua gente. Sta dicendo: "Sono uno del popolo"».

Lo ha fatto anche nel discorso alla Camera?

«Certo: per rafforzare la sua vicinanza a tutti gli altri popoli democratici. Lo fa ad esempio quando istituisce un paragone fra Genova e Mariupol, fra una città ucraina e una italiana che potrebbe essere distrutta allo stesso modo. Lo schema è: "Io vi racconto un'esperienza che conoscete bene per fare capire il dramma che stiamo vivendo noi". Non ci parla di cose remote, ma di cose che abbiamo vissuto anche noi, o che potremmo vivere. Con gli Stati Uniti ha citato l'11 settembre, con Israele la Shoah... È un invito all'empatia. Sta dicendo: "Noi ci assomigliamo, noi ci capiamo..."».

Come giudica nel complesso il discorso di Zelensky, dal punto di vista «tecnico»?

«Molto ben costruito, con una forte coerenza fra tonalità e argomenti, e con tempi perfetti».

I punti forti della sua comunicazione?

«L'evocazione delle responsabilità di Putin, attraverso la descrizione degli effetti materiali della guerra sulle persone e sulle città: distruzioni, morti, i bambini uccisi... E poi il richiamo ai rischi per le nazioni occidentali: come a dire: "I prossimi sarete voi". Questo serve a stringere i legami tra l'Ucraina e noi. Che è il vero obiettivo dei suoi discorsi nei Parlamenti occidentali».

E il punto debole?

«Qualcuno potrebbe dire: il fatto di citare i bambini per suscitare emozione, un elemento ben noto alla cosiddetta "retortica umanitaria". Ma qui c'è qualcosa di più profondo: i bambini sono il simbolo dell'innocenza, e i bambini ucraini diventano la metafora dell'innocenza del loro Paese. Il non detto è: "Noi eravamo dentro i nostri confini, ci hanno aggredito, non è colpa nostra, e a pagare sono gli innocenti. E i primi innocenti sono i bambini».

Qualcuno

accusa Zelensky di essere iper comunicativo.

«Non me la sento di giudicare chi in questo momento, come tutto il suo Paese, è sotto le bombe. Le scelte di Zelensky sono sempre migliori della scelta di bombardare».

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