In questi giorni si è esasperato lo scontro tra la Russia e il Consiglio d’Europa, in quanto il parlamento di Mosca ha avviato, a detta dei media occidentali, un vero e proprio “boicottaggio” ai danni dell’istituzione con sede a Strasburgo e preposta alla salvaguardia delle libertà fondamentali degli individui.
La Duma, su iniziativa del Cremlino, ha infatti ultimamente ordinato il ritiro dei delegati russi da tutti gli organi dell’ente internazionale. Tale provvedimento è stato giustificato da Vyacheslav Volodin, presidente del parlamento federale, mediante la messa in evidenza dei “reiterati torti” perpetrati dagli altri membri del Consiglio nei riguardi del Paese slavo.
In particolare, la scelta delle delegazioni dei Paesi occidentali di rinnovare le “sanzioni” ai danni dei rappresentanti di Mosca, consistenti nella sospensione del diritto di voto di questi ultimi all’interno degli organi dell’istituzione, è stata bollata dallo speaker della Duma come una “vile aggressione”. Tali “sanzioni” sono state varate da Strasburgo nel 2014, in seguito alla decisione di Putin di annettere la Crimea alla Federazione Russa. Da allora, la maggioranza dei componenti dell’ente internazionale ha costantemente ribadito la necessità della “linea dura” nei confronti del gigante slavo.
Un’altra ragione alla base del recente “boicottaggio” russo dell’attività dell’istituzione in questione sono le “continue ingerenze” negli affari interni di Mosca da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, organo giudiziario del Consiglio. Dopo avere condannato il regime sanzionatorio imposto da Strasburgo, Volodin ha infatti bollato come “assurde e offensive” le condanne emesse finora da tale tribunale ai danni della federazione per “violazione dello Stato di diritto”.
Oltre a ritirare la propria delegazione da Strasburgo, il Paese est-europeo ha anche annunciato il “congelamento” di ogni contributo finanziario alle attività dell’ente internazionale. Il parlamento di Mosca ha infatti disposto la cancellazione dal bilancio federale degli stanziamenti destinati in origine alle iniziative del Consiglio d’Europa, provocando la reazione indignata dei vertici di quest’ultimo.
Thorbjørn Jagland, segretario generale dell’istituzione, ha subito etichettato la rappresaglia economica russa come un “grave pregiudizio” per le casse dell’ente.
Egli, al fine di convincere Mosca a mettere fine al “boicottaggio”, ha quindi ventilato l’ipotesi di un’“attenuazione” del regime sanzionatorio.Ad avviso dei media occidentali, le ritorsioni decise recentemente dalla Russia ai danni di Strasburgo sarebbero la premessa dell’“uscita” di tale nazione dall’ente fondato nel 1949.
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