Mancano pochi giorni alla consegna dei premi Nobel e un libro apre la polemica sulle modalità di assegnazione del Nobel alla Pace. Il Foglio ha sfogliato le pagine di Fredens sekretær di Geir Lundestad storico norvegese che tra il '90 e 2014 è stato direttore del Comitato Norvegese per il Nobel. Nelle pagine del suo libro Lundestad elenca episodi e assegnazioni del premio poco chiare e discutibili, ma soprattutto dettate più dalla politica e dal politicamente corretto.
Mentre l'Accademia attacca lo storico per aver violato gli obblighi di riservatezza, Lundestad spiega che spesso il voto viene calibrato secondo logiche geografiche: "Prendiamo il caso dell’attivista keniota per l’ambiente Wangari Muta Maathai, nel 2004 si decise che bisognava dare il Nobel per la Pace a una donna che fosse anche africana e musulmana. Lei era l’unica a possedere i tre requisiti". Stesso discorso per Ellen Johnson Sirleaf, Leymah Gbowee e Tawakkol Karman nel 2011.
Per Lundestad la politica norvegese ha giocato un ruolo chiave nell'assegnazione, o non assegnazione dei premi. Tra il 1994 e 2002 Gunnar Stålsett, membro del Comitato e politico norvegese luterano, si sarebbe opposto con forza alla possibilià che il Nobel per la Pace fosse andato a Giovanni Paolo II. Sempre sull'onda dei premi meritati ma non assegnati ci sarebbe Václav Havel, leader della Rivoluzione di velluto e presidente della Cecoslovacchia dal 1989 al 1992 che per Lundestad meritava il premio.
Tra i premi immeritati anche quello al presidente usa Barack Obama.
Lundestad dice di averlo sostenuto ma di essersene poi pentito: "Non lo meritava e anche molti dei sostenitori di Obama oggi la pensano così". Anche il premio all'Unione Europea nel 2012 sarebbe arrivato dopo forti pressioni di Thorbjorn Jagland, presidente del Comitato e leader laburista europeisa.
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