Il Paese dove una granata costa meno di una Coca-Cola

Prezzi stracciati per le armi nella Repubblica Centrafricana, terreno fertile per il mercato nero

Il Paese dove una granata costa meno di una Coca-Cola

Il mercato nero delle armi ha il suo eldorado nella Repubblica Centrafricana. Qui, come racconta la Bbc, una granata costa meno di una Coca-Cola.

Le bombe sono di fabbricazione cinese o bulgara, i lanciarazzi invece sono made in Iran, mentre i mortai arrivano dal più vicino Sudan. Da Spagna, Gran Bretagna, Belgio, Repubblica Ceca e Camerun arrivano altri armamenti, come proiettili e cartucce di ogni tipo.

Una ricchezza bellica immensa, che fa le fortune degli eserciti ribelli. E poco lontano c’è la Nigeria e l’orrore di Boko Haram, separati dalla Repubblica Centrafricana dal solo Camerun. Non è un azzardo pensare che l’esercito dei fanatici jihadisti si rifornisca proprio lì, nel cuore del continente, per continuare a diffondere il terrore.

A controllare gran parte del traffico di armi è Seleka, una falange militare musulmana di ribelli che ha realizzato di un colpo di Stato nel marzo 2013, rimanendo al potere circa un anno.

L’inchiesta sul commercio bellico è stata realizzata Conflict Armament Research della Gran Bretagna, che racconta come l’arma più diffusa nel Paese sia un particolare tipo di bomba a mano, modello 82-2, prodotto dalla Cina. Si legge: “Sono così comuni che possono essere acquistati per l’equivalente di un dollaro (massimo), meno di quanto si paga una bottiglia di Coca-Cola”.

Secondo il rapporto redatto “un lotto di oltre 25.000 Type 82.2 è stato inviato all’esercito nepalese, che però, dalla sua, smentisce di aver mai fatto uso di questo tipo di bombe”.

Un patrimonio (che fa gola a molti) messo insieme con saccheggi degli arsenali governativi. Armi sottratte e contrabbandate da squadroni di mercenari attraverso confini troppo poco sorvegliati. Lo Stato confinante più immischiato nel losco mercato è il Sudan, che funge da fornitore privilegiato.

"Indipendentemente da dove vengano le armi, il risultato finale è chiaro: Seleka, grazie al suo

potere sul territorio, ha contribuito a inondare con le armi una regione già problematica. Hanno poi commesso gravi violazioni dei diritti umani, come l’uccisioni di donne e bambini" denuncia Lewis Mudge di Human Rights Watch.

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