Perché porti il velo? Il quiz che imbarazza gli islamici del Regno Unito

Nelle scuole britanniche verranno effettuati dei test per capire se le bambine si sentono costrette o meno a portare il velo e la comunità islamica insorge

Perché porti il velo? Il quiz che imbarazza gli islamici del Regno Unito

“Perché porti il velo?”. Una domanda schietta e diretta che verrà posta alle bambine velate per cercare di rispondere ad un interrogativo che assilla l’opinione pubblica occidentale: quel pezzo (più o meno grande) di stoffa è il riflesso di una scelta libera o di un’imposizione?

A lanciare l’iniziativa che arriva dal Regno Unito è stata Amanda Spielman, direttrice dell’Autorità britannica di controllo sugli istituti scolastici e le università (Ofsted). La Spielman ha annunciato che i suoi ispettori indagheranno sulle alunne delle scuole elementari che indossano il velo islamico. “Pur rispettando le scelte dei genitori – ha spiegato la direttrice dell’Ofsted – c’è il timore che imporre il velo a bambine di soli 4-5 anni possa costituire una forma di discriminazione sessuale”. Alla base della decisione ci sono le preoccupazioni espresse ai vertici dell’Ofsted dagli attivisti che si battono contro l’uso del velo nelle scuole.

Secondo una ricerca condotta dalla National Secular Society (NSS), il 42% delle scuole islamiche, incluse 27 scuole elementari, richiede alle alunne di indossare l’hijab. Ad ottobre 2014, la scuola statale Al-Hijra di Birmigam è stata “bocciata” dallo stesso Ofsted per aver adottato politiche “segregazioniste” nei confronti degli allievi dividendo i bambini dalle bambine sia nei momenti educativi che in quello di svago. Non sono al riparo dai rigidi dettami coranici nemmeno gli insegnati. Fece scalpore, qualche anno fa, il caso di una maestra della scuola Al Madinah di Derby a cui l’istituto impose il velo, continuamente ripresa perché il suo abbigliamento non era abbastanza “sobrio” e “modesto”, alla fine, si è licenziata. Il problema riguarderebbe persino le scuole poste sotto l’autorità della chiesa d’Inghilterra, dove gli studenti di religione cristiana sono ormai una sparuta minoranza. A Bradford, ad esempio, è possibile acquistare l’hijab all’interno dei locali scolastici.

Se da un lato le autorità britanniche, con la Spielman in testa, si preoccupano affinché le scuole “promuovano l’uguaglianza” cercando di monitorare i casi in cui “il fondamentalismo influenza la vita scolastica”, dall’altro qualcuno soffia sul fuoco della “discriminazione religiosa”. Il segretario generale del Consiglio musulmano della Gran Bretagna, Harun Khan, ha definito l’iniziativa “profondamente preoccupante” e rivendicato la “libertà di scelta” esercitata dalle donne velate.

Qui però si tratta di bambine e, se la scelta è davvero libera, non si capisce perchè la versione delle minori allarmi così tanto la comunità islamica. Viene da pensare che le preoccupazioni siano legate a quello che potrebbero rispondere.

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