Al Shabaab, la branca jihadista operante in Somalia, ora, stando a quanto comunicato in settimana dall'IGAD, l'organizzazione intergovernativa per lo sviluppo dei paesi del Corno d'Africa, sarebbe pronta a espandersi e colpire in modo capillare in tutti i Paesi dell'Africa Oreintale.
La storia di Al Shabaab è legata a doppio filo a quella dello stato somalo e del suo disfacimento. Nata in seno all'Unione delle Corti Islamiche, l'organizzazione Al Shabaab è riuscita negli anni a espandersi e arrivare a prendere controllo di gran parte dell'ex colonia italiana compresa la capitale Mogadiscio. A partire dal 2011 poi c'è stata la ritirata dalle principali città somale e allo stesso tempo l'affiliazione ad Al Qaeda. Guerra asimmetrica, attentati, sequestri, questo è oggi il modus operandi del gruppo jihadista (http://www.occhidellaguerra.it/category/africa/somalia/) che ha sotto il suo controllo ancora porzioni dell'entroterra del Paese. Negli ultimi mesi però il gruppo jihadista sembrava vacillare. Da un lato la faida interna tra i leader dell'organizzazione e dall'altro il subentrare di gruppi islamisti legati all'Isis, sono stati fattori che hanno fatto pensare a un indebolimento della ''gioventù'' jihadista.
Ecco invece l'annuncio dell'Organizzazione degli stati del Corno d'Africa che coglie di sorpresa e dà spazio a nuove prospettive sul futuro della ''guerra ''santa nel continente africano. Leggendo il rapporto consegnato dall'IGAD ai media internazionali si legge infatti: '' Al Shabaab non è più solo un problema somalo ma richiede una risposta internazionale appropriata''. Proseguendo con la lettura del testo si scopre infatti che in Etiopia, Gibuti, Tanzania, Kenya e Uganda sono già presenti delle cellule figlie dell'islamismo somalo e poi Matt Bryden, direttore e analista senior per la Fondazione Sahan, che ha condotto lo studio regionale dell'IGAD su Al Shabaab ha aggiunto: '' Anche se Al Shabaab dovesse essere sconfitto domani non credo che il problema sia risolto perchè ha ispirato una generazione di jihadisti operanti in tuta la regione e provenienti da diversi paesi che ne porterebbero avanti la causa''.
E a dar man forte al pensiero dell'analista è stato anche Abdirahman Sahal, direttore di un centro sull'estremismo a Mogadiscio, che ha fatto notare come la propaganda in swahili e il fatto di avere un territorio in cui addestrarsi, raccogliere soldi e agire indisturbati ( com'è appunto al Somalia) ha permesso la formazione di nuovi
mujaheddin. Foreign fighters provenienti da paesi africani, che prima hanno imparato l'arte della guerra e dopo l'apprendimento nelle basi vicino a Chisimaio e Baidoa, sono tornati nei loro paesi d'origine pronti a colpire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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