Talebani coi fucili carichi contro il giornalista: choc in diretta

Otto talebani hanno fatto irruzione in uno studio di Peace Tv, obbligando il giornalista a leggere un comunicato e a intervistare un loro esponente. Preoccupa la situazione della stampa in tutto l'Afghanistan

Talebani coi fucili carichi contro il giornalista: choc in diretta

Un uomo in giacca e cravatta che legge un comunicato e delle domande e, dietro di lui, due miliziani talebani armati in modo piuttosto evidente che sembrano voler “marcare” stretto il giornalista. È stata questa l'immagine da ieri diventata virale sui social arrivata da una tv in Afghanistan.

A diffonderla è stato il giornalista della Bbc Kian Sharifi, il primo a parlare di “scena surreale” all'interno dell'edificio di Peace Studio, una tv con sede a Kabul dove nel pomeriggio di domenica un conduttore stava presentando Parvaz, uno dei programmi più seguiti. La prima immagine ha mostrato il giornalista con alle sue spalle due uomini con in braccia dei fucili.

La foto però altro non è un che frame di un video ben più lungo in cui, allargando poi il campo visivo, si notano almeno altri otto talebani imbracciare le armi. Seduto al fianco del giornalista vi è invece un esponente del movimento integralista. È lui il “protagonista”, l'intervistato dal presentatore costretto a subire la minaccia di otto combattenti posizionati alle sue spalle.

L'immagine che ne è uscita fuori ha dell'incredibile: sotto l'insegna di “Peace Studio” ci sono gli uomini armati il cui sguardo è rivolto verso il giornalista. Ancora più surreale il tono della conversazione. Nonostante la presenza dei fucili in studio, il talebano intervistato parla di “tranquillità”, di ordine ristabilito e di vittoria contro le forze occidentali.

Prima ancora però i miliziani hanno fatto leggere al giornalista un comunicato in cui si è invitato il pubblico a “collaborare con l'Emirato Islamico” e a non aver paura. La scena, oltre che per la sua drammaticità, è diventata virale per quello che può testimoniare della situazione attuale della tv in Afghanistan.

Una tv destinata a cambiare

I talebani, una volta entrati a ferragosto a Kabul, hanno dichiarato di voler rispettare la libertà di stampa e che nulla sarebbe cambiato. Il giorno dopo, quando su Tolo Tv una giornalista afghana ha intervistato un membro talebano, sembrava che la situazionepotesse minimamente sembrare "tranquilla". Ben presto, però, i fatti hanno smentito tutto. Lei, la protagonista di quell'intervista, oggi ha dovuto lasciare Kabul. Behesta Arghand, questo il suo nome, alla Cnn ha riferito di aver abbandonato l'Afghanistan per paura delle ritorsioni talebane.

La tv afghana dalle scorse ore non può più trasmettere voci femminili. Difficilmente negli studi si vedranno da ora in poi donne presentare programmi o leggere telegiornali. La presenza di uomini armati nel programma di ieri inoltre potrebbe essere servito come monito. I talebani cioè, da padroni di Kabul, potrebbero sentirsi legittimati a controllare anche fisicamente le televisioni e i contenuti dei programmi.

Oltre alla censura e alla possibile fine della libertà di stampa, ciò che sta preoccupando molti in queste ore è la stessa incolumità dei giornalisti. Dalla Germania la settimana scorsa è arrivata la notizia dell'uccisione di due parenti di un corrispondente locale della Tv tedesca Deutsche Welle. Stavano cercando il cronista, nel frattempo fuggito a Berlino.

A Jalalabad ben sei giornalisti sono stati uccisi tra luglio e agosto. Lavoravano tutti per Enikass Tv, emittente che negli anni ha condotto diverse inchieste. C'è poi un cronista tra le vittime dell'attentato di giovedì all'aeroporto di Kabul. Si chiamava Alireza Ahmadi ed aspettava di partire per Roma quando l'azione dei kamikaze dell'Isis ha troncato la sua fuga e la sua vita.

La tv in Afghanistan è destinata quindi a cambiare.

Tra il 1996 e il 2001, nel loro primo quinquennio al potere, i talebani avevano vietato la televisione. Oggi ben conoscono il suo potenziale per la propaganda. E probabilmente la useranno, anche a costo di ricorrere alla forza, per diffondere i propri messaggi e la propria visione della realtà.

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