Ammette incursioni ma esclude complicità: svolta sull'hacker che ha bucato i server del MiG

Il 24 siciliano arrestato mercoledì ha risposto all'interrogatorio di garanzia: afferma di non aver recato alcun danno al sistema e nega interessi occulti su dati sensibili

Ammette incursioni ma esclude complicità: svolta sull'hacker che ha bucato i server del MiG
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Carmelo Miano, l'hacker 24enne arrestato due giorni fa su iniziativa della procura di Napoli, ha ammesso di avere bucato il sistema informatico del ministero della Giustizia, ma ha anche sottolineato allo stesso tempo di avere agito completamente da solo, escludendo così il coinvolgimento - che qualcuno aveva ipotizzato - di terze persone interessate a mettere le mani sulle migliaia di file sensibili "scaricati" dal database istituzionale. Il ragazzo siciliano nato a Sciacca, residente a Gela ma domiciliato a Roma era finito in carcere mercoledì scorso con l'accusa di accesso abusivo aggravato alla struttura dello Stato e diffusione di malware e programmi software: oggi ha sostenuto nella giornata di oggi l'interrogatorio di garanzia.

Difeso dall'avvocato Gioacchino Genchi, Miano ha chiarito immediatamente alcuni dei punti più controversi dell'indagine condotta dalla Polizia postale e coordinata dalla procura della Repubblica del capoluogo campano. L'attività di incursione era iniziata - come già accertato dai pm - per avere cognizione dello stato di un procedimento istruito a carico dell'hacker da parte della procura di Brescia (e poi trasmessa a Gela per competenza) e ha agganciato migliaia di file di natura giudiziaria solo a causa della particolare modalità di acquisizione delle notizie. Per dirla in poche parole: per intercettare le notizie riferite a lui, il 24enne ha dovuto scaricare tutto un gruppo di dati, non essendo possibile una "selezione" dei singoli file. E soltanto dopo avere acquisito l'intero pacchetto di file, l'hacker ha potuto procedere alla cernita.

Così facendo, ovviamente, si è imbattuto in un un materiale sensibile. Non è tutto: il 24enne, in sede di interrogatorio, ha ammesso di avere anche acceduto alla corrispondenza elettronica delle webmail istituzionali di pubblici ministeri di Brescia, Gela, Roma e Napoli. Ma ha rimarcato di avere agito in solitudine, negando quindi complicità o interessi occulti sul contenuto delle migliaia di file "rubati". Infine, il giovane ha escluso - fornendo dettagliati elementi - di avere arrecato qualsiasi tipo di danneggiamento dei sistemi informativi istituzionali violati, la cui permeabilità si è resa possibile per la mancata adozione delle policy minimali di sicurezza di qualsivoglia sistema informatico: da quello del McDonald's a quello della Banca d'Italia.

Per quanto riguarda la circostanza del danneggiamento, difesa e procura hanno comunque due opinioni diverse. All'esito dell'interrogatorio, l'avvocato Genchi (esperto di informatica e telefonia) ha avanzato istanza di sostituzione della misura cautelare, con concessione degli arresti domiciliari.

Inoltre il legale ha consegnato anche una dichiarazione di incompetenza territoriale: avendo il 24enne messo le mani sulle email di diversi magistrati, tra i quali quelli di Napoli, la difesa ha chiesto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Perugia, funzionalmente competente, ai sensi degli articoli 11 e seguenti del codice di procedura penale.

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